Ascanio Celestini (Imagoeconomica, Simona Caleo)

È uno degli intellettuali italiani che promuove la Memoria perché “serve a ricordarci le chiavi di casa, ma anche a non dimenticare il resto del mondo che resta chiuso fuori casa”. Ascanio Celestini, drammaturgo romano è autore anche di Radio Clandestina, uno dei monologhi teatrali di maggior successo dell’ultimo decennio, dove si ricostruiscono i fatti dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, partendo dal testo “L’Ordine è già stato eseguito” di Alessandro Portelli, vincitore del Premio Viareggio.

Lo abbiamo incontrato al Quadraro, suo quartiere di origine a sud-est della Capitale, definito dai nazifascisti “nido di vespe” perché, abitato da fasce di popolazione povera e da sfollati delle zone del fronte, garantiva rifugio e protezione a tutti quei partigiani, perseguitati politici e renitenti alla leva che fuggivano dalle persecuzioni. Il 17 aprile 1944 l’esercito tedesco al comando di Herbert Kappler rastrellò per rappresaglia il quartiere e oltre 900 uomini vennero deportati in Germania. Solo la metà fece ritorno a casa.

Dopo le dichiarazioni di Meloni e la Russa sulle Fosse Ardeatine, l’Anpi ha proposto, e lo farà fino al 25 aprile, le biografie dei 335 Martiri. E Radio Clandestina, partendo dai materiali pubblicati nel libro di Alessandro Portelli “L’ordine è già stato eseguito” racconta una memoria tradita da una Storia che esclude intere esistenze, destinate a essere cancellate per sempre se nessuno le racconta più.
Le dichiarazioni di Meloni sono uguali a quelle dello scorso anno, ma quegli uomini sono stati uccisi perché antifascisti. Quando vado nelle scuole invito i ragazzi a immaginare Roma nel marzo del 1944. Chi girava per le strade? Gli uomini di 20, 30, 40 anni erano in guerra, in carcere, nascosti o in montagna. Per fare una proporzione, a fronte dei Martiri delle Ardeatine, scelti in 320 all’inizio, poi 330, poi 335, e qualcuno anche minorenne, ci sono almeno 200 donne arrestate. Per le strade c’erano solo donne. Giravano, facevano il pane clandestinamente, assalivano i forni. La persona simbolo della violenza nazifascista a Roma è donna. È Teresa Gullace, a cui hanno sequestrato il marito e che con il figlio è andata a cercarlo. Le donne non sapevano a chi lasciare i figli e perciò andavano in giro con loro. Se i tedeschi e gli italiani collaborazionisti avessero voluto rastrellare persone a caso, per strada, avrebbero arrestato donne. Invece non ce n’è neppure una trucidata nelle Cave. Quegli uomini vennero scelti e uccisi perché antifascisti, di tante tipologie diverse. C’era il colonnello Montezemolo che non era un comunista, Ettore Ronconi che aveva fatto il confino, era un oste. Quello di Meloni fa parte di un tentativo di parificazione tra la leggenda che stanno inventando sulle foibe e su quanto accaduto in Italia. Ci raccontano cioè che nell’ex Jugoslavia vennero uccise e gettate nelle foibe, vive o morte, persone solo perché italiane. E non è vero, come non è vero che erano 30mila, ma fortunatamente molto meno perché le prime stime vennero fatte non in base ai ritrovamenti, ma in base alla grandezza dello spazio. Per cui nelle foibe sono stati uccisi solo perché italiani come i morti delle Fosse Ardeatine.

discuDallo spettacolo Radio ClandestinaE quanto ha detto La Russa, la seconda carica dello Stato, sul battaglione Bozen?
La bizzarra storia di La Russa è più contorta. Lui ha detto che in realtà gli uomini del polizeiregiment Bozen erano una banda musicale di pensionati. Era proprio l’intento dei tedeschi far pensare da una parte ai romani adulti che loro marciavano spavaldi per la città e cantavano pure, non si nascondevano, dall’altra far vedere ai bambini che erano degli allegroni. Portelli nel bellissimo libro “L’Ordine è già stato eseguito” intervista coloro che in quel tempo erano bambini e anche un paio di soldati tedeschi che gli hanno raccontato di essere stati costretti a cantare e che i bambini in effetti gli andavano dietro. Come combattiamo questa vulgata pericolosa? Raccontando la biografia delle persone perché, rovesciando la storia, sono tutte persone anche quando non lo erano considerate, perché presunti antifascisti. Il problema è quello della trasmutazione delle parole, visto che le parole dicono le cose e se cambi le parole cambiano anche le cose.

Mentre il Decreto Cutro sta facendo discutere e preoccupare,  il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, ha dichiarato: “Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli quindi li sostituiamo con qualcun altro”. Lo avevano detto in passato anche Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Cosa ne pensa?
A mio avviso c’è un tratto caratteristico della cultura dell’estrema destra, e missina. Fino a pochi anni fa erano CasaPound e Forza Nuova a utilizzare questi termini, ora questo vocabolario da bar viene utilizzato anche dal governo. Il ministro Lollobrigida ha inserito l’affermazione all’interno della questione lavoro, considerando quindi le persone che riescono ad arrivare in Italia, esclusivamente come forza lavoro e non come esseri umani e immigrati che fanno figli. E questo si lega anche alle politiche rispetto alle seconde generazioni. Fa specie pensare che quasi 6 milioni di ucraini accolti in Europa non destino lo stesso allarme. Diversi anni fa, quando cominciammo ad avere leggi più restrittive nei confronti delle persone straniere, parlai con un giovane operaio di Murano che produceva vetro nell’azienda di famiglia. Mi disse che lo zio, una persona particolarmente razzista, non trovando manodopera del posto, a un certo punto assunse un giapponese, sostenendo che non era un extracomunitario. Un esempio per dire che il cliché è l’extracomunitario “africano povero” che ci portiamo dietro dai tempi del colonialismo, quando per noi italiani gli africani non avevano un’anima, erano animali.

Ascanio Celestini e l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano (dalla pagina Fb di Celestini)

Sull’accoglienza e come sulla guerra, la chiesa di papa Francesco, come anche l’Anpi, invoca il dialogo.
Nel XIII secolo san Francesco dice “Fratello Sole” e “Sorella Luna”, parla con i musulmani e scrive nella sua regola, poi non bollata, che quando i cristiani vanno dai musulmani devono innanzitutto servire, dichiararsi cristiani e se i musulmani vogliono dialogare si dialoga. E infatti san Francesco va a parlare con i musulmani e non viene ammazzato, anzi loro si stupiscono che arrivi un cristiano disarmato. Questo sarebbe il comportamento umano che abbiamo tutti, ma nel momento in cui questo comportamento viene messo all’interno di una narrazione dove ti permetto di pensare altre cose – violentano le nostre donne, sono poveri ma partono con il telefonino – poi quelle cose in molti le pensano davvero.

Il monumento a Roma, nel quartiere Quadraro, in memoria dei quasi 1.000 deportati

Il suo teatro racconta anche “dei deportati fuori dalla memoria”: “più che passare alla Storia, è la Storia che gli è passata sopra”, scrive in “A che serve la memoria”. Partigiano, diceva Gramsci, è chi prende parte, chi si schiera. Assumersi la responsabilità civile e politica di tramandare queste storie è essere partigiani oggi?
Dobbiamo ragionare insieme sugli elementi che non passano, le voci innanzitutto. Al Quadraro intervistai Sisto Quaranta, uno dei rastrellati del 17 aprile 1944. La storia del rastrellamento la conoscevo perché era una vicenda familiare. Mio padre e mio nonno vivevano in quel quartiere e fino agli anni Ottanta non se n’è parlato molto. Poi si sono susseguiti gli studi e il Quadraro è divenuto anche Medaglia d’Oro al Merito Civile. Chiesi a Sisto Quaranta perché non avesse mai raccontato questa storia. Credevo di conoscere la risposta: pensava di non essere creduto oppure era troppo doloroso raccontarlo. Invece si è rivelato un pregiudizio. Quaranta disse: «Ma io l’ho sempre raccontato, però io facevo l’elettricista, tra noi non c’erano gli scrittori, i poeti, i registi che lo potevano fare».

Quest’anno il 25 aprile l’Anpi deporrà un fiore nei luoghi dove le donne vennero uccise e torturate e sotto le targhe a loro dedicate.
Quella delle donne è una pagina fondamentale della Resistenza non armata. Quando i tedeschi dicevano che a Roma mezza città nascondeva l’altra mezza città, era perché effettivamente il lavoro di Resistenza fu anche questo e lo fecero soprattutto le donne. Ci fu una città che non collaborò, fa meno rumore, certo, ma fu fondamentale. Ci fu una parte non violenta preponderante anche in quel conflitto bellico dove le persone si ammazzavano e da questo punto di vista le donne storicamente hanno sempre avuto un ruolo importante.

Mariangela Di Marco