Renato Romagnoli, “Italiano”, partigiano della 7ª GAP Garibaldi, Medaglia d’Argento al Valor Militare per la Resistenza, Presidente del Comitato Provinciale ANPI di Bologna, è netto su quanto accaduto nella sua città lo scorso sabato 7 novembre, 71° anniversario della Battaglia di Porta Lame contro i nazifascisti e vigilia della manifestazione di Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d’Italia:
«Abbiamo espresso contrarietà a un presidio partigiano contro la Lega perché non avevamo intenzione alcuna di accettare provocazioni. La protesta c’è stata il giorno prima, sabato, con la distribuzione di garofani rossi e l’invito a portare fiori al Sacrario dei Caduti Partigiani in Piazza Nettuno, adiacente a Piazza Maggiore, nel cuore di Bologna: uno dei luoghi più cari della memoria civile e democratica. Dove oggi il monumento rende omaggio ai 2.050 Caduti della lotta di Liberazione bolognese i fascisti fucilavano i partigiani. Ma lì abbiamo dovuto subire un oltraggio: un gruppo di estremisti di destra, per l’ennesima volta, ha teso il braccio nel saluto romano gridando Duce Duce».
Era già accaduto a Bologna?
«Molto spesso, perché le Autorità competenti non intervengono. Avevo già scritto al Prefetto invitandolo ad assumere misure opportune per salvaguardare i luoghi della memoria partigiana, per evitare l’infamia di chi si permette di salutare il duce davanti ai nostri Caduti. Sono gruppi della galassia nera, di Casapound o Forza Nuova. Da noi sono appena quattro gatti, però agiscono indisturbati. Evidentemente, in quei giorni la polizia era troppo occupata a controllare che nessun giovane dei centri sociali transitasse per il centro cittadino».
«La scelta di Bologna, città Medaglia d’Oro della Resistenza, da parte della Lega Nord è stata una palese provocazione perché nella nostra città il partito di Salvini conta poco. Abbiamo mostrato fermezza decidendo di ricordare, nel giorno esatto, la battaglia vinta il 7 novembre ’44. Per dire in piazza, pubblicamente, cosa pensavamo. Tradizionalmente, infatti, la commemorazione viene organizzata di domenica, questa volta la ricorrenza cadeva di sabato e dunque abbiamo colto l’occasione per ribadire il nostro essere contro i partiti razzisti e i partiti italiani alleati in Europa di partiti fascisti. Rifiutano accoglienza a chi fugge da guerre e miseria dimenticando, inoltre, che per decenni migliaia e migliaia di italiani sono emigrati all’estero in cerca di lavoro, vivendo una fortissima discriminazione».
Ci sono stati scontri tra centri sociali e polizia, cosa ne pensa?
«Sono avvenuti in periferia, i giovani spesso non hanno esperienza e possono cadere in gravi errori di valutazione».
E la manifestazione a Porta Lame, com’è stata quest’anno?
«Più partecipata del solito. I cittadini percepiscono la criticità del momento storico e noi – che non siamo un partito – ai politici sentiamo di poter dare qualche consiglio. Lo scorso anno avevamo scelto di andare in corteo al Sacrario, stavolta abbiamo chiesto a tutti i presenti una scelta individuale, chiamando ognuno a fare la sua parte, singolarmente, portando il garofano a Piazza Nettuno».
Lei a Porta Lame ha combattuto, e aveva già compiuto azioni divenute leggendarie come la liberazione di 240 detenuti politici dal carcere di S. Giovanni in Monte…
«Sì, ero uno dei Trecento di Porta Lame, la battaglia più grande mai avvenuta in una città italiana occupata. Avevo appena compiuto sedici anni quando cominciai l’attività antifascista nella fabbrica dove lavoravo. Fui denunciato e arrestato, poi dopo l’8 settembre entrai nella Resistenza. Ho visto tanti compagni uccisi dai fascisti e conosciuto tanti di loro, Caduti per la libertà del nostro Paese».
Pubblicato venerdì 20 Novembre 2015
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