Alessandro Di Battista, questo conosciuto. Il parlamentare 5Stelle, da tempo in ascesa nel firmamento della politica italiana, è stato recentemente intervistato da Gianni Minoli su La7. A dire il vero, più che un’intervista, è stato un interrogatorio, durante il quale il giornalista ha bombardato il giovane dirigente politico di domande, dando sovente lui stesso le risposte, con un plus di aggressività e di faziosità. Il punto non è condividere o meno le opinioni di Di Battista o di chiunque altro e tanto meno di addomesticare l’intervista, ma di esigere per tutti la stessa misura e lo stesso equilibrio da parte dell’intervistatore.
Detto questo per chiarezza e correttezza, il Di Battista, al termine dell’interrogatorio, ha affermato ripetutamente che “nel 2016 parlare di fascismo e antifascismo è come parlare di guelfi e ghibellini”. L’affermazione è solo in apparenza stravagante, perché si coniuga pienamente con la teoria, diffusa (ma non generalizzabile) nella sua formazione politica, del superamento della destra e della sinistra come categorie della politica. Il problema è che tale teoria, oltre a essere spesso patrimonio di una certa estrema destra (sic!), è clamorosamente sbagliata e in desolante contraddizione con le opinioni di altri dello stesso movimento e con alcune affermazioni proprio di Di Battista. Quando questi afferma ripetutamente nel corso dell’intervista di sostenere a spada tratta la Carta, al punto di dire che si sente garantito solo dalla Costituzione della Repubblica, dovrebbe interrogarsi sulla sua origine e sulle sue radici. Scoprirà, come disse Calamandrei il 26 gennaio 1955, che essa nacque “nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati”.
Parlare dell’antifascismo, come categorie della politica, delle idee, dei valori e perciò della vita, solo al passato, vuol dire capire poco del presente e delle stesse speranze di cambiamento per il futuro; libertà, uguaglianza, cittadinanza, solidarietà, lavoro, pace, svuotate dalle loro ragioni storiche, rischiano di diventare pura declamazione, retorica politica o, nella migliore delle ipotesi, un auspicio generico, un “volersi bene” senza alcun fondamento reale. D’altra parte affermare che l’antifascismo è “superato” rinvia esattamente alle stesse corde di chi sostiene che la Costituzione del 1948 è “superata”.
L’esperienza storica dei guelfi e dei ghibellini, peraltro lunghissima ed importante, si esaurì nel corso di più di due secoli, dal XII al XIV, con effetti perduranti nel tempo successivo. La Costituzione, invece, come ha confermato l’esito referendario, è quanto mai attiva e vivente, e con lei le sue radici e le sue ragioni. È lo strumento e la bussola per affrontare la modernità nel nostro Paese.
Ed infine il cancro neofascista, nel tempo di gravissima crisi che attraversa l’Italia e l’intero continente, è tutt’altro che scomparso, e si presenta in modo proteiforme, più o meno mescolato alle suggestioni razziste, alle paure xenofobe, al mito nazionalista. Basta vedere l’inchiesta pubblicata proprio su questo numero di Patria Indipendente (http://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/inchieste/la-galassia-nera-su-facebook/). Non vedere la drammatica attualità di questo fenomeno vuol dire escludere l’assunzione di contromisure democratiche e perciò negare l’urgenza di un antifascismo che, a partire dalla memoria della Resistenza, diventi linguaggio contemporaneo, ascolti le giovani generazioni, sia alla base di una solida struttura di valori civili e sociali che ispiri ed informi i “cittadini”, parola così cara proprio al Movimento5Stelle.
Di Battista, dunque, sbaglia di grosso. Certo, si dirà, è un errore, non un crimine. Ma ci pensi su il Di Battista, perché potrebbe riferirsi anche a lui la famosa frase attribuita a Talleyrand dopo il rapimento e l’esecuzione del duca d’Enghien nel marzo del 1804: «È stato peggio di un crimine, è stato un errore».
Pubblicato lunedì 19 Dicembre 2016
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