La sezione Anpi “Erminio Ferretto” di Mestre lo scorso 28 settembre ha festeggiato i 100 anni di Sofia Gobbo, nome di battaglia “Giorgio”. Ma chi è e qual è stato il contributo di questa giovane donna alla Resistenza? Nata a Cappella Maggiore, un piccolo comune in provincia di Treviso, Sofia Gobbo ha poi frequentato l’istituto magistrale a Vittorio Veneto. Nonostante un ambiente scolastico permeato dall’ideologia fascista e l’attività di indottrinamento del regime, durante gli anni della sua formazione, Sofia riesce a restare indenne alla propaganda del “credere-obbedire-combattere” grazie a due docenti, in particolare a quella, antifascista, di filosofia. È lei che le insegna a pensare con la propria testa e a prendere decisioni in prima persona. Una capacità di autodeterminazione  coltivata grazie a questi esempi e che si è poi rivelata fondamentale per Sofia al momento della caduta del fascismo, per decidere “da che parte stare”. Anche se, come ha ripetuto in più occasioni, entrare nella Resistenza nel 1944 per lei è stato quasi un caso.

Sofia con alcune allieve di prima media durante una gita scolastica (agitateatro.it)

Sofia, dopo il diploma, vuole iscriversi alla facoltà di Lettere, ma per farlo deve prima superare la prova della maturità classica. Per prepararsi a questi esami che le avrebbero permesso l’accesso all’università, ricorre alle lezioni private di un professore, Giovanni Gandin, allora presidente del Comitato di liberazione nazionale di Vittorio Veneto. Di fronte a una battuta dell’allieva, Gandin la mette in guardia dall’esprimersi liberamente e in modo ironico sulle iniziative del regime, ma al tempo stesso le rivela il suo ruolo nel Cln e che in montagna, nel Cansiglio, l’organizzazione è a buon punto: si è già costituita la divisione “Nino Nannetti”. La informa anche che a Cordignano, dove Sofia Gobbo abita, ci sono alcune persone che fanno parte del Cln.

Partigiane e partigiani nel bosco del Cansiglio, nella baita sede del comando della brigata Fratelli Bandiera, divisione Nannetti (Archivio fotografico Anpi nazionale)

Successivamente Gandin le propone di dare il suo contributo alle operazioni di coordinamento tra i Cln di Vittorio Veneto e di Cordignano: Sofia accetta e diventa staffetta partigiana, muovendosi con la sua bicicletta, avendo contatti con i partigiani della brigata “Osoppo” e i paesi di Vittorio Veneto, Orsago e Albina, dove invece c’erano i Gap che agivano in pianura. A volte le viene chiesto di andare a Treviso o a Padova a ritirare la stampa clandestina da portare a Vittorio Veneto. Il nome di battaglia al maschile è in realtà un omaggio alla scrittrice George Sand, scelto dal comandante, utile però a proteggere ulteriormente l’attività clandestina di Sofia. Che si è spesso trovata a fronteggiare situazioni pericolose, come in occasione dei rastrellamenti. O di quel coprifuoco che l’aveva colta ancora per strada, e la mattina seguente ebbe anche l’ardire di chiedere un passaggio a dei fascisti a bordo di una camionetta.

Di sé Sofia dice di non avere avuto paura, sebbene fosse consapevole dei rischi che correva portando un messaggio tra i capelli o sotto la sella della bicicletta o sotto il tacco delle scarpe. Ma se avesse avuto paura avrebbe rinunciato. Per lei era diventato naturale fare tutto quello che faceva. Alla fine della guerra, dietro sollecitazione del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia, Sofia Gobbo ha continuato il suo impegno, collaborando alla costituzione e alle attività dell’amministrazione comunale di Cordignano fino alle elezioni del 1946.

Sofia Gobbo con il partigiano Mario Bonifacio, il 24 aprile 2015 (agitateatro.it)

Non ha raccontato, se non in anni relativamente recenti, il suo ruolo nella Resistenza, ma ha continuato a dare il suo contributo per i valori alla base della nostra Repubblica, scolpiti nella Costituzione: libertà, democrazia, pace. Lo ha fatto come insegnante e come preside e poi in una piccola biblioteca di Mestre di cui si occupa ancora nonostante l’età, per combattere l’ignoranza, primo nemico dell’umanità e della democrazia, come lei ripete spesso: perché è infatti nell’ignoranza che attecchisce la manomissione della storia. Nel suo intervento in piazza Erminio Ferretto a Mestre il 25 aprile 2016 aveva sottolineato il dovere di esercitare responsabilmente la democrazia, citando le parole di Tina Anselmi, secondo cui i valori di “libertà, giustizia e pace devono essere vissuti ogni giorno, se non vogliamo che sia vano il sacrificio di chi è morto”.

Sofia Gobbo in piazza per la festa della Liberazione di due anni fa (agitateatro.it)

Perché è importante oggi più che mai festeggiare i cento anni della staffetta partigiana Sofia Gobbo? Perché ciò assume un valore fortemente simbolico e politico, ricolloca al posto giusto le tessere della storia, dopo i ripetuti attacchi alla Resistenza e ai suoi valori, con la destra neofascista (e non solo) che continua a perseguire la falsificazione della storia del 900, mettendo in unico crogiuolo fascismo e antifascismo, dittatura e libertà democratiche, tentando di parificare i morti della Rsi con coloro che sono caduti combattendo contro il nazifascismo nel nome della democrazia e della libertà.

Sofia Gobbo durante i festeggiamenti per i suoi 100 anni

Questa narrazione revisionista tenta di cancellare l’antifascismo come valore fondativo della nostra Repubblica, ad esempio facendo ricorso a una omologazione tra nazifascismo e comunismo che permette ai Comuni di abolire la clausola antifascista per la fruizione degli spazi pubblici sostituendola con la cosiddetta “pronuncia anti totalitaria”. E ancora, una rappresentante delle istituzioni come l’assessora della Regione Veneto, Elena Donazzan, celebra il 25 aprile sulla tomba di soldati nazisti; il sindaco di Codevigo, nel padovano, partecipa a una commemorazione di militi saloini; sindaci o consiglieri comunali propongono di intitolare vie o piazze a Giorgio Almirante… Si potrebbe continuare a lungo con l’elenco di comportamenti esecrabili, indegni di uno Stato democratico e antifascista. Inchieste di questi ultimi giorni evidenziano, una volta di più, la profondità e la vastità del carattere permeabile del nostro Paese a fenomeni neofascisti e nostalgici.

La partigiana con la presidente della sezione Anpi di Mestre, Maria Cristina Paoletti

Di fronte a tutto questo, festeggiare pubblicamente i cento anni della staffetta partigiana Sofia Gobbo significa contrastare culturalmente il revisionismo storico, le derive neofasciste e i tentativi revanscisti di rivalutazione del fascismo per riaffermare che non è vero che i morti non hanno colore politico, che sono tutti uguali, perché le vite non sono uguali ma si differenziano in base ai valori secondo i quali sono vissute. Celebrare il compleanno di Sofia Gobbo è, sì, un momento di convivialità, ma significa anche riaffermare i valori fondativi di libertà, democrazia e pace della nostra Repubblica antifascista. Grazie Sofia per aver scelto di stare dalla parte giusta.


Note: Oltre alle interviste rilasciate da Sofia Gobbo e ai suoi interventi pubblici rinvenibili in rete, per la sua biografia, cfr. Voci di partigiane venete, a cura di Maria Teresa Sega, Cierre edizioni rEsistenze, 2016, p.181-193 e l’intervista contenuta nel dvd La nostra scelta per la Resistenza a cura di Viviana Boscolo e Sandra Savogin, 2015, Anpi sezione “E. Ferretto” di Mestre e Regione Veneto.

Maria Cristina Paoletti, presidente sezione Anpi di Mestre “Erminio Ferretto” e componente dell’associazione Giuristi Democratici – Venezia