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Compie 80 anni il testo del canto forse più intonato durante i mesi della Resistenza. L’autore – l’aria è ripresa da un brano russo – Felice Cascione era comandante partigiano. MdOVM alla memoria, morì in uno scontro con i nazifascisti in Val Pennavaira, nel Savonese, il 27 gennaio 1944, guidando la II Divisione d’assalto garibaldina di Imperia, la città che gli aveva dato i natali. Cadde da eroe, come sempre era vissuto.

Felice Cascione in abiti civili

Aveva 25 anni ed era stato oltre che uno sportivo anche un bravo medico, “U megu”, in dialetto, il nome di battaglia. Antifascista fin dai tempi del ginnasio e iscritto al Partito comunista d’Italia, clandestino, dal 1942, subito dopo l’armistizio aveva organizzato la prima formazione partigiana del suo territorio, una banda di tredici ribelli che poi si ingrandirà con i tanti giovani in fuga dal reclutamento obbligatorio di Salò (per i renitenti la pena era la fucilazione alla schiena).

Felice Cascione in “abiti” partigiani

Nonostante la giovane età, in quel primo inverno in montagna, sapeva Cascione, e così ogni componente delle brigate, che la lotta sarebbe stata lunga e durissima. D’altronde: “scarpe rotte e pur bisogna andar” recita un verso del componimento, scritto sui monti dell’albenganese alla fine del 1943, adagiando le parole sull’aria della canzone russa “Katiuscia” di Michail Isakovski. I partigiani liguri ancora non hanno una bandiera, aveva detto il comandante Cascione ai compagni, sarebbe servita loro almeno una canzone.

Nella foto anche alcuni appartenenti alla II Divisione, comandata da Felice Cascione

Coraggioso e generoso, quando durante un’azione è gravemente ferito, rifiuta ogni soccorso e tenta di coprire il ripiegamento dei suoi uomini. Ma due di loro non se la sentono di abbandonarlo e tornano indietro incappando nei fascisti. Uno riesce a fuggire, l’altro è catturato e seviziato. Cascione, quasi agonizzante, sente i lamenti, si solleva da terra e urla: “Il capo sono io!”. Viene crivellato di colpi.

Mentre la II divisione cambia nome intitolandola al suo comandante caduto, “Fischia il vento” comincia a diffondersi. La conosce Italo Calvino, che dopo la morte di Cascione aveva aderito alla formazione assieme al fratello Floriano, affascinato dalla fama raggiunta dal valoroso comandante: «Il tuo nome è leggenda, molti furono quelli che infiammati dal tuo esempio s’arruolarono sotto la tua bandiera», ricorderà.

Foto di gruppo della brigata dove opererà Calvino

“Fischia il vento” valica montagne e attraversa valli in modo spontaneo insieme ai partigiani, accompagna la lotta. Beppe Fenoglio, nel celebre romanzo “Il partigiano Johnny” scriverà: “Fischia il vento è una vera e propria arma contro i fascisti. Li fa impazzire, mi dicono, al solo sentirla”, lamentando inoltre che gli azzurri, al contrario dei comunisti, non hanno un canto così potente.

Scrive Simone Ceccarelli: «Riscoprire, oggi, l’importanza storica e politica di un brano come “Fischia il vento” non ha soltanto un valore di reminiscenza, ma contribuisce a chiarire una fase storica sulla quale si affollano sempre più ombre e, allo stesso tempo, a riconoscere a una parte politica, quella comunista, l’importante, fondamentale contributo elargito nella costruzione della Repubblica Italiana che, è sempre bene ricordarlo, nasce e si struttura come antifascista. Questa strumentazione per orchestra di fiati di Edoardo Pirozzi ricalca l’arrangiamento storico “marciabile” in uso da sempre nelle bande sovietiche. Rispetto a questo modello molte parti sono state semplificate ed adattate alla struttura della banda italiana. L’organico vasto e articolato ne permette l’esecuzione a bande di qualsiasi livello e dimensione sia “in parata” durante le cerimonie sia come pezzo da concerto. Tutti gli strumenti meno comuni sono ad libitum e il brano può funzionare anche senza di essi. A discrezione del direttore il numero dei ritornelli e un eventuale raddoppio della parte del Flauto 1 con l’ottavino».

E allora grazie al generoso Edoardo Pirozzi per un dono che ci aiuta tutti, perché gli spartiti sono costosi e perché di questi tempi, tanto sofferti per chi ha a cuore la democrazia faticosamente conquistata, possiamo imbracciare un’arma che è bellissima perché non porta morte o dolore. Ma può far tornare i fascisti a impazzire e a noi, intonandola, far crescere sull’onda della Memoria una certezza: riusciremo a vincere la nuova sfida.


I due spartiti si possono leggere o scaricare anche cliccando QUI (banda) e QUI (direttore) possono essere stampati su un semplice formato A4, 2 pagine per foglio, adattando le dimensioni.