Tre parole: Indifferenza. Donne. Memoria. È su queste travi portanti che si basa la mostra “Antifascisti e Antifasciste, Madri e Padri costituenti”, che ha inaugurato alla Galleria Expo-ex il tesseramento 2024 della sezione Anpi Senigallia: da Giacomo Matteotti ai Fratelli Cervi, da Nilde Iotti a Donatella Colasanti, la ragazza sopravvissuta al massacro del Circeo, era il 1975, e scomparsa ancora giovane nel 2005, che ha aperto le stagioni di eventi “In onore di Giacomo Matteotti” per ricordare e celebrare l’onorevole Matteotti nel centenario del suo omicidio perpetrato dai fascisti, il 10 giugno 1924.

Senigallia, Galleria Expo-ex, si visita la mostra

La mostra è stata organizzata dall’Anpi Senigallia (AN) in collaborazione con l’Istituto Gramsci sezione di Senigallia e l’Associazione Augusto Bellanca e presenta oltre 80 ritratti originali. Abbiamo illustrato le Madri e i Padri Costituenti, le partigiane di ieri e le antifasciste di oggi, i partigiani di ieri e gli antifascisti di oggi, accanto a biografie che spiegano l’importanza dei volti disegnati. Non solo: la galleria Expo-Ex che ha ospitato la mostra è diventata per quasi dieci giorni luogo di cultura.

Molti e molto partecipati gli eventi legati alla mostra. Domenica 4 febbraio si è svolto l’evento “Di chi è la memoria?” in occasione del Giorno della Memoria: letture e dibattito su come oggi il 27 gennaio debba essere ridiscusso nella sua modalità.

Martedì 6 febbraio l’evento “Calvino 100”: letture dai racconti giovanili e antifascisti di Italo Calvino.

Mercoledì 7 febbraio è stata la volta della lettura del libro vincitore del Premio Campiello 2023 “La Resistenza delle donne” scritto da Benedetta Tobagi.

Venerdì 9 febbraio ripresi, leggendoli, alcuni discorsi dei volti disegnati e che hanno rappresentato moniti, incoraggiamenti, soluzioni all’epoca attuali, andando dal discorso di David Sassoli per il 25 aprile 2020 a quello di Piero Calamandrei agli studenti il 26 gennaio 1955, dall’articolo di Italo Calvino sui Fratelli Cervi  su Patria Indipendente, all’intervento su cosa significa oggi essere antifascisti e chi sono oggi gli antifascisti proposto durante la rassegna “Perché non possiamo non dirci”. Infine sabato 10 febbraio l’evento “E allora le foibe?” nel quale avremo la replica dei video-interventi degli storici Piero Purich e letture da articoli e libro di Eric Gobetti che abbiamo registrato nel 2022, seguiti da dibattito.

Bruno Buozzi, che morirà nel 1944 ucciso nella strage de La Storta dai nazisti in fuga da Roma, reca l’omaggio della Cgl a Giacomo Matteotti nel luogo dove il parlamentare socialista è stato rapito dagli scherani fascisti

La mostra aveva lo scopo di ricordare i 75 anni della Costituzione e gli 80 anni dalla fucilazione dei Fratelli Cervi (dicembre 2023), ma in questo 2024 ha voluto ricordare anche i 100 anni dall’omicidio dell’onorevole Giacomo Matteotti, gli 80 anni dall’eccidio delle Fosse Ardeatine, gli 80 anni della Liberazione di Senigallia, gli 80 anni dell’uccisone di Federico Paolini, partigiano della città ucciso dai nazisti, e tutte e tutti coloro che hanno avuto come valore l’antifascismo.

Milano, Binario 21, Memoriale della Shoah (Imagoeconomica, Marco Cremonesi)

Tre parole, dicevamo. Indifferenza, Donne, Memoria. All’entrata del Museo della Shoah a Milano, dove si trova il Binario 21 dal quale partivano, non visti e sotterranei, i treni carichi di ebrei e di prigionieri diretti ai campi di concentramento e dal quale è partita anche la senatrice Liliana Segre, appena superato l’ingresso c’è un muro lunghissimo, scuro, sul quale campeggia a caratteri cubitali la parola “Indifferenza”. È proprio la prima cosa che si vede, quella parola: indifferenza. Lo ha sempre detto anche Liliana Segre: “Chi è indifferente è colpevole”.

Un ritratto di Liliana Segre presente nella mostra

E io credo che anche oggi, quell’indifferenza, non sia passata. È l’indifferenza che ci porta ad accettare politici impresentabili e che hanno ancora oggi la fiamma dell’Msi di fascista memoria nel loro simbolo. È l’indifferenza di chi non va a votare, che permette a questi personaggi che non saranno mai presentabili di governarci e di scegliere per noi, in una città che può vantare e ricordare le dieci maestre senigalliesi che ottennero legalmente il diritto di voto nel 1906, salvo poi essere stoppate perché troppo clamoroso per l’epoca, perché la questione femminile usciva troppo dai binari delle decisioni che valeva la pena discutere dagli uomini, questa era troppo delicata per poterla discutere superficialmente. Meglio accantonarla.

È l’indifferenza che ci vede dire del film come “Io, Capitano” di Matteo Garrone, candidato agli Oscar, “li vedo già nei telegiornali”. È l’indifferenza nei confronti della guerra, dei pacifisti da salotto, quelli che potrebbero fare qualcosa e no, non lo fanno. È l’indifferenza, è la disgregazione di quei valori che l’antifascismo e la Costituzione hanno sempre portato alto: il noi, il noi di comunità, quello che ci ha permesso il superamento dell’io fascista da parte del noi della Resistenza.

Lo diceva Antonio Gramsci nel 1917, in un articolo intitolato “Indifferentisul primo numero della rivista La città futura: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano”. Donne della Costituzione: ecco allora ritratte le Madri Costituenti. Della Resistenza: ecco le partigiane, le antifasciste. Donne del presente e del futuro. Ecco allora Donatella Colasanti che, nonostante i 50 anni del Circeo, è ancora presente, perché con il femminicidio di Giulia Cecchettin siamo ancora lì. Ecco allora anche i ritratti delle donne dell’Anpi, di oggi, di Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, e di Elly Schlein, che piaccia o meno, ma è una delle poche, se non l’unica politica che dice che la Costituzione è antifascista.

Dicono che questo secolo sia quello della donna. Vedremo. Intanto i nomi che iniziamo a ricordare sono nomi di donne che stanno combattendo, alcune pure già non sono più tra noi, le hanno uccise: Masha Amini, la già citata Giulia Cecchettin, Ilaria Salis. Vedremo.

Università di Padova, alla cerimonia per il conferimento della laurea in ingegneria biomedica a Giulia Cecchettin, uccisa a coltellate l’11 novembre scorso dall’ex fidanzato, pochi giorni prima della discussione della tesi. Nella foto: Gino Cecchettin, padre di Giulia, Daniela Mapelli, rettrice università di Padova, Davide Cecchettin fratello di Giulia, Elena Cecchettin, sorella di Giulia (Imagoeconomica)

Ma mai come ora, le lotte femministe hanno bisogno di voci, tante, tantissime. E allora usiamo anche l’arte di questi ritratti. Usiamo metaforicamente le parole della Madre Costituente Teresa Mattei: “L’unica volta che ho messo il rossetto in vita mia era per mettere una bomba”. Una bomba culturale, noi vogliamo oggi.

Lo stadio di Santiago del Cile, divenuto un campo di concentramento per gli oppositori politici durante i giorni del golpe dell’11 settembre 1973. la giunta militare del dittatore Augusto Pinochet farà uccidere 3.508 cileni, torturare 28.259 uomini e donne e ne farà sparire migliaia, almeno 32.000 le persone vittime di violazioni di diritti umani

Durante la Coppa America del 2015 la cui finale si giocava nello Estadio Nacional de Chile, lo stadio simbolo e scenografia delle torture del dittatore Augusto Pinochet dopo il golpe militare dell’11 settembre 1973, la regia inquadra uno striscione sugli spalti, sugli stessi spalti sui quali erano seduti, aspettando la loro sorte, i desaparecidos cileni, uomini che avevano avuto il torto di pensare diversamente, che avevano sostenuto il presidente Salvador Allende, che non si piegavano al regime. La frase sullo striscione è poi diventato un murales sopra le scale dell’ingresso “Salida 8”, Uscita 8, le stesse scale nel cui buio scendevano i desaparecidos senza più tornare.

L’ingresso della mostra a Senigallia, che per dieci giorni si è trasformata in luogo dove si fa cultura, attiva

È scritto sopra le scale, dal verso in cui si vede la luce, quasi a simboleggiare che il Cile, da quel momento in poi, va solo verso la luce, sale verso la luce. Dall’altro lato, quello che guarda il campo, quello quindi all’aria aperta, sopra la scritta “Salida 8”, c’è una fotografia: è una fotografia scattata nel 1973, nello stesso punto sopra la scritta, e raffigura i desaparecidos che non sono più tornati. Chi si siede su quelle poltroncine, sa che 50 anni fa, lì erano sedute persone che non sono più tornate dalle loro famiglie.

Mabel Morri, vicepresidente Anpi Senigallia