Marco Brocchieri, con i libri “La banda Ferraris e il Nord-est romano” e “La neve è caduta”, entrambi editi, nel 2022 e 2023, dall’associazione Oltre Il Ponte Aps per conto di Youcanprint (il primo con la prefazione di Alberto Libero Pirro e il secondo con quella di Giovanni Paoloni), spiega attraverso una minuziosa ricerca storica, realizzata attraverso numerosi archivi, l’importante ruolo svolto dalla Banda “Ferraris” e dalle altre bande, createsi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, nella lotta di Liberazione dai nazifascisti. Entrambi i libri fanno parte della collana Oltre Il Ponte – Ricerche sul territorio di Montecelio.

Mario Fiorentini e Lucia Ottobrini in una foto tratta dal libro “la neve è caduta”

Si sapeva che dopo via Rasella, gappisti quali Rosario Bentivegna, Carla Capponi,  Mario Fiorentini e Lucia Ottobrini avessero operato nel territorio, ma non molto di più. Invece Brocchieri ha scoperto una formidabile rete di Resistenza sui monti del Nord Est della Capitale. Resistenza armata e civile.

L’autore già alla fine del 2012, aveva avviato una ricerca sulla base delle testimonianze dei cittadini di Montecelio durante l’occupazione tedesca nel corso della Seconda guerra mondiale, che in maggioranza confluirono alla fine del 2020 nel docufilm “Reccontame”, a cura dell’associazione Oltre Il Ponte Aps.

Durante la sua ricerca spesso si sentiva dire come a Montecelio non ci fossero stati partigiani, tuttavia, quando il 15 dicembre 2020 venne pubblicato il portale online Partigiani d’Italia, l’autore decise di farvi una ricerca trovando ben quaranta schede riferite a persone di Montecelio. La scoperta ha infuso coraggio all’autore che, deciso ad approfondire, cominciò una indagine storica approfondita all’Archivio Centrale dello Stato dove è conservato il fondo Ricompart (i materiali e i documenti dell’Ufficio per il servizio riconoscimento qualifiche e per le ricompense ai partigiani), e presso l’Archivio di Stato di Roma (Asr), l’Archivio Istituzionale del Museo storico della Liberazione (Msl), gli archivi degli Uffici Storici dello Stato Maggiore dell’Esercito (Ussme), dell’Aeronautica Militare Italiana (Ussma) e dell’Arma dei Carabinieri (Macas), oltre agli archivi del Tribunale Militare di Roma, dell’Anfim – Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri – e della Camera dei Deputati, e in archivi privati. I risultati di queste ricerche sono i due libri, che affrontano l’attività imponente delle varie bande in azione a Guidonia Montecelio e nei Comuni limitrofi.

Dopo l’8 settembre, a seguito dell’invasione nazifascista del Nord e del Centro Italia, le Forze Armate italiane scampate alla cattura formarono il Fronte Militare Clandestino di Resistenza. Il Fronte già nel mese di novembre cominciò a inglobare diverse bande armate che si erano create spontaneamente a Roma e nei territori limitrofi. In seguito all’arresto, nel gennaio 1944, del comandante del Fronte, il colonnello Montezemolo, venne deciso di nominare un unico comandante per i fronti di Esercito, Aeronautica e Marina, di cui le varie bande facevano parte.

Il comandante Ferraris in una foto del 1943, tratta dal libro

Nella zona di Guidonia Montecelio, erano attive due bande: la “Asma” e la “Ferraris”. Quest’ultima prendeva il nome dal capitano motorista Pierino Guido Ferraris, il suo fondatore nonché comandante. La Banda “Ferraris” inizialmente fu alle dipendenze del Gruppo Militare Clandestino “Bertone”per poi passare, nel gennaio 1944, al Fronte Clandestino Regia Aeronautica, guidato dal generale Umberto Cappa.

Monte Gennaro

La banda guidata da Ferraris, nacque intorno alla metà del novembre ’43, e fu composta da 108 persone tra cui 64 militari, in maggioranza della Regia Aeronautica sfuggiti alla cattura dei tedeschi. La Banda solitamente veniva suddivisa in gruppi di 20 persone per poter svolgere al meglio le attività, che andavano dal sabotaggio delle postazioni nemiche, alla creazione di una rete informatica e ai lavori di fortificazione. L’autore sottolinea in particolare l’allestimento di un campo di atterraggio per velivoli leggeri, presso il Pratone di Monte Gennaro, per l’aviolancio di rifornimenti da parte degli Alleati, e la difesa di Montecelio dai tedeschi nel giugno del ’44.

Il tutto corredato da particolari molto interessanti, anche preziosi, che fanno comprendere bene la complessità delle comunicazioni e delle distanze. Come quando racconta di quando il capitano Ferraris, mentre stava tornando da Roma in bicicletta assieme al maresciallo dell’Aeronautica Leporelli, venne preso di mira da un aeroplano che mitragliò entrambi, per fortuna nessuno dei due si fece male.

Nonostante le difficoltà e le continue delazioni di cui fu vittima anche Ferraris, la banda riuscì a dare sostegno a 41 ex prigionieri alleati. La Banda “Ferraris”, ampiamente descritta nel primo libro, faceva parte del Reparto 22 così come altre bande descritte nel secondo libro. Un elenco lunghissimo che fa comprendere il contributo grandioso alla Liberazione. Vi fecero parte, solo a titolo di esempio, la Banda “Montanari”, la Banda “Barco” del R.E., la Banda “Monti Tiburtini”. In questo primo libro intitolato “La banda Ferraris e il Nord-est romano” con sottotitolo “Le fonti archivistiche sull’attività di Resistenza a Montecelio, Guidonia e Monte Gennaro”, lo studioso dedica spazio anche alla resistenza nonviolenta spesso dimenticata o troppo sottovalutata.

Il cippo nel luogo dove venne ucciso Angelo Palozza (foto dal volume La Banda Ferraris)

Tra gli episodi misconosciuti, toccante l’episodio con Olimpio Palozza (suo padre Angelo morirà ucciso dai nazifascisti in ritirata il 6 giugno 1944, il corpo abbandonato nelle campagne) che a Guidonia Montecelio, nel piano seminterrato della propria abitazione, nascose una famiglia di ebrei salvandogli la vita. Si trattava della famiglia Dell’Ariccia.

Monterotondo (Roma)

Il secondo libro intitolato “La neve è caduta”, con sottotitolo “L’attività delle bande partigiane tra Monterotondo e la Val d’Aniene”, oltre a concentrarsi sulle bande, racconta eroismi e figure anche del mondo ecclesiale che non esitarono a sacrificare la vita.

Don Pasquale Buttarazzi dall’ottobre 1939 era stato assegnato alla parrocchia di Guadagnolo, frazione del Comune di Capranica Prenestina. Aveva un passato di cappellano militare durante la guerra di invasione delll’Etiopia.

Guadagnolo, il luogo dove venne ucciso Don Pasquale Buttarazzi

Dopo l’armistizio anche a Guadagnolo arrivano numerosi militari “sbandati” ed ex prigionieri. Don Buttarazzi non si limita a dare loro rifugio e assistenza. Comincia a operare con una banda, Banda Montesi, che faceva riferimento a Bandiera Rossa, per quanto fosse esterna al movimento, organizzata da Mario Sbardella, originario  Palestrina. Il sacerdote nasconde le armi e mette a disposizione la sua radio trasmittente. Il 25 settembre 1943 i nazifascisti rastrellano tutta la zona, nonostante sia stato avvisato dai suoi parrocchiani, Don Buttarazi non si nasconde. Resta in canonica e all’irruzione degli occupanti difende la radio con il suo corpo, lotta e riesce anche a fuggire. Ma non può avere scampo, è raggiunto e massacrato, il corpo per tre giorni esposto a monito degli abitanti di Guadagnolo. In seguito il Gruppo si sposta in Abruzzo e cambierà il nome dedicando la formazione a Francesco Ciavarella, come indica una nota del dopoguerra del ministero della Difesa, uno dei 335 Martiri delle Fosse Ardeatine.

Cimitero di Palestrina. Il monumento ai partigiani Caduti sovietici (dal libro La neve è caduta)

Il volume fa luce una questione spinosa riguardo la Banda “Enza”, attiva nel Gallicano, i cui componenti che non venne riconosciuta dalla Commissione laziale alla fine della guerra. Lo studioso, incrociando le fonti, spiega come ciò sia dovuto al fatto che le relazioni erano in contrasto rispetto al ruolo svolto dalla banda. Brocchieri specifica come dalle carte questa banda non risulterebbe essere una formazione vera e propria quanto piuttosto un nucleo che collaborò con i partigiani sovietici attivi nella zona, e per questa sorta di pregiudiziale non venne riconosciuta dalla Commissione.

Merito di questo secondo volume è anche quello di aver approfondito le importanti figure di alcune donne ebbero un ruolo attivo nella lotta Liberazione. Fra loro, c’era Concetta Piazza, ostetrica di Montecelio, nata a Delia (CL) nel 1910. Concetta dette un supporto fondamentale alla Banda “Ferraris” nel sostenere 41 ex prigionieri alleati. Fin dall’ottobre 1943 si era attivata per dare assistenza giornaliera agli ex prigionieri alleati nelle campagne attorno al paese, ed era in contatto sia con il capitano Ferraris sia, con la sua banda.

Il Museo storico di Via Tasso

Purtroppo il 28 gennaio 1944, su delazione di fascisti locali, Concetta è arrestata nottetempo dalle SS e incarcerata in via Tasso, dove nonostante le torture subite non parlò. Concetta era detenuta insieme a due partigiane azioniste, Elisa Raffo e Lina Trozzi, ma il 27 febbraio è trasferita al famigerato 3° Braccio di Regina Coeli, e successivamente, da metà marzo, presso l’infermeria delle suore Mantellate per via delle ferite riportate. Concetta Piazza venne liberata all’arrivo degli Alleati e riconosciuta come partigiana combattente invalida. Inoltre su proposta del capitano Ferraris, nel 1967, gli fu conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Oggi alla partigiana Concetta Piazza è intitolata la sezione Anpi di Montecelio.

Mausoleo delle Fosse Ardeatine

I due libri non tralasciano nulla, ricchissimi di elenchi e tabelle, dando conto anche dei danni arrecati durante il conflitto a persone e cose e i dati dei morti con una grandissima precisione. Brocchieri, che si definisce ricercatore indipendente, non manca di soffermarsi sugli eccidi come quello di Mentana e quello più famoso delle Fosse Ardeatine. Questi libri rappresentano uno spaccato di storia locale unito a un inventario delle fonti archivistiche fondamentali per le ricerche future. Mentre il primo libro come si evince dal titolo si concentra soprattutto sulla “Banda “Ferraris”, il secondo, pur dedicando una parte a quest’ultima, si dedica alle bande della Valle dell’Aniene e di Tivoli, dedicando spazio anche all’attività del Partito Comunista, senza tralasciare gli appartenenti ad altre tradizioni politiche, analizzando rappresaglie e stragi compiute dai nazifascisti.

Il volume La neve è caduta propone un ricca appendice documentaria, con estratti faldoni nascosti nell’Armadio della Vergogna, elenchi dei fucilati, dei rastrellamenti, delle incursioni aereee, tra mitraglimenti, bombardamenti e cannoneggiamenti, le relazioni dei Carabinieri e degli Alleati, e una dettagliata e completa cronologia dei fatti.

L’obiettivo di entrambi i libri, raggiunto grazie a una grandissima perizia e cura, è quello di dimostrare l’impegno delle Forze Armate nella Resistenza insieme alla generosità e al coraggio di intere comunità, di donne e uomini di una popolazione che offrì alla lotta una forza civile gigantesca e, pur senza armi, indispensabile per la vittoria e la conquista della democrazia. Una storia che oggi va conosciuta e riconosciuta e può dare il via in altri territori italiani a nuove necessarie ricerche. E rendere omaggio e giustizia almeno nella memoria a quanti, tanti, si sono sacrificati per la libertà del nostro Paese.

Andrea Vitello, storico e scrittore, diplomato allo Yad Vashem. Autore, tra gli altri, del libro “Il nazista che salvò gli ebrei. Storie di coraggio e solidarietà in Danimarca”, pubblicato da Le Lettere con prefazione di Moni Ovadia