Il Franja dopo l’alluvione dello scorso anno

Non si sono mai fermati da quando, era il luglio dello scorso anno, dopo una pioggia torrenziale che sembrava non dovesse mai fermarsi, si sono accorti che quel luogo tanto caro alla memoria antifascista di ieri e oggi era venuto giù. Hanno cominciato a spalare in tanti i volontari per salvare la struttura dal fango. Perché bisogna far presto, prima che la melma diventi dura più del cemento.

Il Franja dopo l’alluvione

Ma il nubifragio aveva fatto ciò che neppure i nazifascisti erano riusciti a compiere in quella gola di Pasice nascosta tra i monti di Slovenia a una cinquantina di km da Gorizia: distruggere le baracche dove si curava chi era stato ferito nella lotta.

Il trasferimento di un ferito al Franja

Medici (anche alcuni italiani, come il dottor Antonio Ciccarelli), donne del luogo che avevano imparato a essere infermiere, giovani, dal dicembre 1943 al maggio 1945, in condizioni estreme, assistettero sia partigiani jugoslavi, sia gli appartenenti alle formazioni italiane della Divisione d’Assalto Garibaldi Natisone, insieme a combattenti di altre nazionalità e a soldati anglo-americani. L’ospeda

le deve il nome alla donna che l’amministrò più a lungo, la dottoressa Franja Bojc Bidove.

Partigiani italiani in Slovenia, con la loro bandiera, in marcia verso la posizione (Archivio fotografico Anpi nazionale)

Fin dalla scorsa estate l’Anpi provinciale di Udine ha promosso un raccolta fondi per ricostruire il Franja, perché non ci si può arrendere all’idea che un simbolo della solidarietà e della fraternità partigiana, della convivenza tra popoli che hanno combattuto il nazifascismo e della pace, non esista più. E la sottoscrizione continua, si può versare sul c/c di ANPI provinciale Udine – IBAN: IT91 J076 0112 3000 0001 7980 335 – scrivendo nella causale “Solidarietà per Franja”. Ogni contributo è prezioso. Aiuta anche tu.

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