Umberto Pancotto, cittadino di Montecosaro, iscritto all’Anpi, crede fermamente agli ideali e ai valori della Resistenza, base del nostro statuto repubblicano. Ama le montagne maceratesi, nel 1943-44 palcoscenico di tragici eventi. Umberto ha lavorato trentuno anni nelle Officine Cecchetti, fino alla loro chiusura avvenuta nel 1994.
Aveva nove anni quando il suo paese venne attraversato dal fronte bellico, e probabilmente in quell’occasione fu “contagiato” dalla passione per la storia.
Alla fine degli anni 60 e agli inizi del successivo decennio prese contatti con degli ex partigiani, insieme con i quali organizzò una giornata-incontro al castello di Tribbio a Montalto di Cessapalombo (Macerata). Nel luogo dove, nel marzo 1944, avvenne l’eccidio di 26 persone (soprattutto ragazzi appena ventenni, giunti in montagna da meno di un mese per sfuggire al Bando Graziani) si ritrovarono Augusto Pantanetti, Enzo Berardi, Candido Cardinali, i fratelli Torresi, Livio Piccioni, Natalino Mecozzi, Luigi Manzi e altri.
All’epoca i ricordi erano freschi e le ferite non si erano ancora rimarginate: ognuno raccontò le sue esperienze. Oggi condivide con noi qualcosa di ciò che ascoltò direttamente.
Enzo Berardi raccontò che il 21 marzo 1944 – San Benedetto – partecipò alla festicciola dove alloggiava il tenente e comandante partigiano Achille Barilatti. Alla fine, intorno alla mezzanotte, non sentendosi bene, decise di rientrare alla sua base di Monastero scampando al rastrellamento e alla successiva strage.
Alcune sere prima, un aereo alleato doveva lanciare armi e munizioni destinate al quel gruppo di giovani. Furono accesi i fuochi per indicare il luogo, ma a causa della foschia il pilota non li vide e il lancio non avvenne.
Durante l’incontro si discusse anche su chi avesse informato i nazifascisti: in precedenza si erano addensati sospetti sulla maestra di Montalto, ma in seguito era stata scagionata perché non conosceva molti particolari. Secondo Umberto, possibile spia era un giovane catturato a Caldarola e portato a Muccia.
Particolarmente toccante il racconto di un partigiano ricercato dai repubblichini e catturato lungo la nazionale 77, nei pressi di Muccia. Era stato portato al campo di concentramento di Sforzacosta, controllato a vista tutta la notte da una guardia, per essere fucilato il giorno dopo. Era però riuscito a immobilizzare la guardia, disarmarla e fuggire a piedi verso il fiume Chienti. Per disorientare i cani dovette camminare in acqua e, sfinito, riuscì a mettersi in salvo presso un contadino della zona di Urbisaglia, per poi una notte riunirsi al suo gruppo partigiano lungo la nazionale 77.
Nel castello di Tribbio con Natalino Mecozzi i ricordi arrivano al giugno 1944. Il giorno 20 era sulla strada in salita per Cascinare, quando i tedeschi, a bordo di un automezzo, spararono una raffica contro di lui e altri due giovani: suo fratello Silvano di 19 anni e Vincenzo Borraccetti di 20 morirono sul colpo, mentre Natalino colpito alle spalle e ferito ai polmoni né soffri per lunghi anni.
Pochi giorni prima della ritirata tedesca, intorno al 25 giugno 1944, nella zona furono rastrellati giovani e persone idonee da portare al lavoro coatto in Germania. Qualcuno riuscì a fuggire ma un gruppetto fu radunato alla periferia di Montecosaro. Dei mezzi richiesti per il trasporto se ne presentò uno solo che li caricò. Poco dopo però finì fuori strada, ribaltandosi, e i ragazzi prontamente ne approfittarono per scappare. Il camion fu rimesso in carreggiata con l’aiuto di altri mezzi, ma i giovani si erano già messi in salvo.
Luigi Manzi, durante l’occupazione era poco più giovane delle classi mobilitate dalla RSI a Porto Potenza Picena. Raccontò a Umberto di aver notato di persona che la ritirata tedesca, data la scarsa dotazione di mezzi meccanici, fu fatta anche con carri trainati da buoi e cavalli requisiti ai contadini. Un giorno un branco di mucche fu trovato abbandonato: pascolavano da tempo senza guardiani nei pressi del corso del fiume Potenza. I carabinieri e Manzi parteciparono alla restituzione ai legittimi allevatori: chiamate per nome dai proprietari, tutte risposero all’appello!
Subito dopo la Liberazione, Manzi aveva realizzato dei cartelloni con ritagli di giornale e ordini del comando tedesco. Ma nei primi anni 90 quegli articoli si erano già deteriorati. Umberto se n’è occupato e ha rifatto tutti pannelli nuovi, in plastica, e dopo varie esposizioni li ha donati nel Museo della Resistenza di Caldarola. I 15 pannelli delle dimensioni 70 x 50 cm sono leggibilissimi e corredati di molte immagini in bianco e nero. Sono anche un ottimo ausilio didattico per far conoscere alle nuove generazioni quel sofferto periodo della nostra Provincia.
Umberto con Luigi Manzi e un’altra persona, sempre con gli articoli di giornale dell’epoca, riuscirono a fare un’altra serie di lastre sulle vicende belliche della Regia Marina. Sono 18 pannelli, della stessa dimensione dei precedenti, che bisognerebbe stampare su materiali idonei; altrimenti andranno persi.
Verso la fine del 2017 l’Anpi di Civitanova Marche ha deciso di stamparlo su carta il contenuto dei 15 pannelli perché palazzo Pallotta di Caldarola è inagibile a causa del sisma che ha colpito quella terra. Il volumetto illustrato si può richiedere alla sezione Anpi.
Pubblicato venerdì 1 Giugno 2018
Stampato il 06/12/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/ultime-news/leccidio-di-montalto-di-cessapalombo/