L’esercizio della memoria a volte è una passeggiata all’aria aperta in montagna, con il sole in faccia e tante riflessioni che scendono giù come una pioggia improvvisa. Camminare sui sentieri percorsi più di settant’anni fa dai partigiani, oltre che emozionante, è un modo per ricordare le gesta del periodo della Resistenza, rendere omaggio ai tanti che attraversarono valli, mulattiere e cammini impervi lottando per la democrazia.

«E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui alto e fermo su una cresta distante eppure insidiata pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del suo giorno di morte. Ecco, l’importante era che ne restasse sempre uno», si legge ne Il libro di Johnny di Beppe Fenoglio.

La montagna è stata la casa e il rifugio dei partigiani ed è bello scoprirla, tornarci, riviverla per ricordare la storia di tanti ragazzi e tante ragazze che su quelle creste hanno agito per un ideale, con la sfrontatezza e l’entusiasmo della gioventù, con l’orgoglio e la maturità che si fa strada a causa della durezza della guerra e delle privazioni.

Con la bella stagione è facile trovare suggerimenti e proposte dalle varie associazioni in tutta Italia (circoli ANPI e non solo) e mettersi in cammino sulle orme dei partigiani.

L’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Reggio Emilia, meglio conosciuto come Istoreco, organizza con successo da 23 anni i Sentieri partigiani (www.istoreco.re.it). Insieme a testimoni partigiani si visitano i luoghi teatro di azioni della Resistenza, di scontri e rappresaglie naziste e fasciste. La prossima edizione si terrà a cavallo dell’8 settembre, data dell’armistizio, ma c’è già il “tutto esaurito”, a testimoniare il successo dell’iniziativa. Però si può comunque prendere spunto dalla loro pubblicazione “Sentieri partigiani – 15 itinerari storico-escursionistici nell’appennino reggiano” consultabile su www.sentieripartigiani.it e pianificare una passeggiata tra i monti. I partigiani erano infaticabili camminatori e immedesimarsi, seppur con diverse e privilegiate condizioni, nello sforzo fisico e nella prontezza che avevano nell’usare i monti come rifugio e base per portare a compimento un’azione, ci fa almeno immaginare come si camminava tra le montagne in cui si fece la storia.

Si può scegliere per esempio il sentiero dei partigiani trucidati del “Distaccamento Cervi” – dopo un’imboscata nazista nel novembre del ’44 – oppure il cosiddetto “sentiero delle donne” che parte da Felina e finisce a Castelnovo ne’ Monti (Reggio Emilia). Le donne diedero un notevole contributo alla Resistenza. Il compito delle staffette partigiane era quello di collegare le formazioni e poi queste con il centro direttivo. Le donne, a piedi o in bicicletta, svolsero con coraggio un lavoro essenziale che in seguito, con l’avvio della democrazia, aprì la stagione dei diritti.

Scendendo più a sud si può andare in Abruzzo per esplorare i sentieri della Brigata Maiella (o Gruppo Patrioti della Maiella) la storica formazione che prese il nome dal massiccio abruzzese, che fu il gruppo combattente con il più lungo e alto ciclo operativo perché risalì la penisola fino alla liberazione delle Marche, dell’Emilia Romagna e del Veneto. La brigata è l’unica formazione partigiana decorata con la medaglia d’oro al valor militare alla bandiera e tra le pochissime aggregate all’esercito alleato, con il quale appunto combatté anche dopo la liberazione del territorio di origine. Qui diverse associazioni di escursionisti facilmente reperibili on line offrono accompagnamento e visite guidate su misura per ripercorrere i sentieri dei partigiani abruzzesi.

Tornando a nord, a Torino, l’associazione Sentieri resistenti (www.sentieriresistenti.org) organizza trekking lungo l’arco alpino nella provincia di Torino: tra le Alpi Graie e Cozie, congiunge in quattordici tappe l’alto Canavese con le valli di Lanzo, val Susa, val Sangone, val Chisone, val Germanasca e Bargese. Anche qui per ripercorrere vie che servirono alle formazioni partigiane durante la Resistenza.

Per intrecciare storia, letteratura e natura, spostandoci nelle Langhe di Beppe Fenoglio è possibile ripercorrere i sentieri del Partigiano Johnny (www.centrostudibeppefenoglio.it). Si può scegliere di partire da Mango, il paese del personaggio letterario, oppure da Murazzano, sempre in provincia di Cuneo, che ospita il Parco letterario dedicato a Fenoglio. I paesaggi mozzafiato e gli scritti di Fenoglio per studiare la storia sono un connubio che certo non lascia indifferenti.

Per i più allenati si può optare per il monte Grappa, nelle Dolomiti bellunesi, dove campeggia il Monumento al Partigiano di Augusto Murer, scultore e partigiano che militò nella Brigata dei Fratelli Fenti, appartenente alle Brigate Garibaldi.

Nella Capitale invece si può fare un meno faticoso trekking urbano al Quadraro, il quartiere di Roma che subì il più imponente rastrellamento (17 aprile del ’44) ed è medaglia d’oro al merito civile. Fu un luogo denominato “nido di vespe” dal comando fascista della città perché vi trovavano rifugio informatori, partigiani, comunisti e tutti quelli che si opponevano al regime.

Questi sono solo alcuni esempi degli itinerari che si possono percorrere nei luoghi della Resistenza sparsi lungo la penisola, anche con bambini al seguito. L’ingrediente indispensabile è la curiosità. Perché la memoria va esercitata, anche con gli scarponi da trekking.

E allora, citando Piero Calamandrei, «se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione».

Antonella De Biasi, giornalista professionista freelance. Ha lavorato al settimanale La Rinascita della sinistra scrivendo di politica estera e società. Collabora con Linkiesta.it e si occupa di formazione giornalistica per ragazzi