Panorama di Bagnatica, nel bergamasco (da https://www.facebook.com/ComuneDiBagnaticaNews)

L’Anpi provinciale di Bergamo esprime la propria indignazione rispetto alla scelta dell’Amministrazione comunale di Bagnatica, che – con l’unanime consenso del Consiglio comunale – ha intitolato un’aula dell’Istituto comprensivo del paese alle “vittime della Shoah e delle Foibe”. Una decisione che genera sbigottimento sia nel metodo che nel merito.

Anzitutto, le questioni di metodo. Lo stesso sindaco di Bagnatica, Roberto Scarpellini, ha ricostruito la genesi di questa iniziativa facendo riferimento all’iniziale proposta di intitolare una via del paese alle vittime delle Foibe avanzata dal gruppo di opposizione consiliare Italia agli Italiani, evoluzione di Forza Nuova, gruppo di ispirazione neofascista.

Alla proposta, bocciata dalla maggioranza in Consiglio perché presentata “in modo troppo politicizzato”, ha tuttavia fatto seguito un compromesso tale per cui si sarebbe intitolata, con tanto di targa commemorativa, l’aula di arte della scuola secondaria di primo grado di Bagnatica alle “vittime della Shoah e delle Foibe”.

Compromesso colto con favore proprio da Italia agli Italiani, i cui esponenti  hanno dunque sostenuto la controproposta con il loro voto.

Il Municipio a Bagnatica (da http://www.comune.bagnatica.bg.it/)

Ciò che appare come un regolare sviluppo della dialettica democratica all’interno di un Consiglio comunale, tuttavia, nasconde un grave cedimento a uno dei feticci che, con sempre più insistenza e malcelato orgoglio, le destre italiane cavalcano da ormai più di vent’anni: l’equiparazione tra la Shoah e le Foibe.

Se nel rifiuto di intitolare una via alle vittime delle Foibe da parte dell’Amministrazione comunale di Bagnatica c’era l’intenzione di rintuzzare un uso strumentale della storia sul piano del dibattito pubblico e della toponomastica, la successiva scelta – forse ingenua, ma non per questo giustificabile – di dare spazio a questa forma di minimizzazione della tragedia causata dal nazifascismo ha un risvolto persino peggiore: quello di farsi dettare l’agenda da un’opposizione neofascista che fa del disprezzo delle regole della convivenza democratica il centro del proprio agire politico.

E veniamo dunque al merito di questa decisione. La ormai consolidata storiografia sulla delicata e complessa situazione del confine orientale in tempo di guerra – una storiografia alla quale l’Anpi ha sempre cercato di dare visibilità con frequenti attività di formazione e divulgazione – dimostra che ogni analisi sul tema deve tenere inevitabilmente conto della ferocia che il conflitto assunse in Jugoslavia già dal 1941, anno dell’invasione da parte dell’Italia fascista.

L’incendio del Narodni dom (Casa del popolo/della nazione) messo a fuoco dalle squadracce fasciste il 13 luglio 1920. Il Narodni era la sede delle organizzazioni degli sloveni triestini, un edificio polifunzionale nel centro di Trieste, nel quale si trovavano anche un teatro, una cassa di risparmio, un caffè e un albergo

Ferocia di cui i fascisti italiani furono protagonisti già prima della marcia su Roma.

Insistere sulla sovrapposizione tra le vittime della follia nazifascista e le vittime del conflitto nel “confine orientale” di cui tanta parte delle destre sovraniste e neofasciste si è alimentata per generare processi di propaganda politica ed esibire così uno dei peggiori esempi di uso pubblico della storia, significa prestare il fianco a chi guarda con nostalgia al regime fascista e interpreta con la lente del nazionalismo anche la nostra contemporaneità.

Sempre più frequentemente, soprattutto in occasione delle cerimonie per il Giorno della Memoria e per il Giorno del Ricordo, assistiamo sgomenti a un appiattimento del discorso storico e politico che offende i valori della democrazia e dell’antifascismo, inestricabilmente connessi alla ricerca della verità storica e alla costruzione di una memoria che, su questi fatti e sulle loro interpretazioni, non può essere né pacificante né condivisa. Poiché è il confine di quella memoria che divide chi, come noi, ha deciso di combattere per conquistare e difendere l’uguaglianza come base fondante della società civile e chi, invece, ancora oggi si colloca fuori dal recinto della vita democratica, mettendo in discussione le più avanzate conquiste che progressivamente sono state ottenute proprio in seguito alla fine della Seconda guerra mondiale.

Mauro Magistrati, presidente provinciale e Roberto Villa, commissione cultura, formazione, Memoria, Anpi provinciale Bergamo