È ormai ufficiale la notizia che le firme raccolte sui due quesiti relativi alla legge elettorale sono circa 420.000, sfiorando così il “tetto” previsto dalla legge (quorum a 500.000), ma non raggiungendolo per poco. Un risultato, comunque, eccezionale viste le condizioni date, di cui parlerò più avanti e visto lo sforzo straordinario compiuto dagli aderenti ai Comitati per il SI, prima fra tutti l’ANPI, che si è impegnata fino allo spasimo, in tutte le zone, anche le più remote d’Italia.
Non ci sarà, dunque, il referendum sulla legge elettorale perché nessun altro l’aveva chiesto; tuttavia si attende l’esito del giudizio, pendente davanti alla Corte Costituzionale, per il quale è fissata l’udienza del 4 ottobre 2016. In ogni caso, molto dipenderà anche dal referendum sulla riforma del Senato, che ci sarà comunque e che, se vedrà – come speriamo – la vittoria del NO, influirà necessariamente anche sulla legge elettorale, scritta per la sola Camera e con la previsione di un Senato quasi annullato, dunque una legge da rifare. E integralmente, non tanto sui punti su cui si è svolta una discussione in questo periodo, quanto sugli aspetti più volte denunciati di antidemocraticità. Analizziamo e valutiamo, intanto, questo risultato, che è – lo ripeto – straordinario proprio per le condizioni in cui si è svolta la raccolta delle firme. Avendo contro il Governo, il partito di maggioranza, la Confindustria, si trattava davvero di risalire la corrente, con i mezzi di cui si disponeva, cioè esclusivamente volontariato. Ed esso è stato meraviglioso, perché si sono visti banchetti dappertutto, in tutte le ore e in tutti i luoghi, con un impegno ed una dedizione eccezionali. Si sono viste tante persone, donne e uomini, impegnate non solo e non tanto a raccogliere firme, quanto a spiegare, illustrare, cercare di convincere e far capire al cittadino, per lo più ignaro.
Rilevante, inoltre, in senso negativo, è stato il ruolo della stampa, che – in gran parte – ha rinunciato non solo alla puntuale informazione ed illustrazione delle questioni in gioco, ma spesso ha preso parte nettamente a favore della linea governativa, dando enorme spazio perfino alle affermazioni più scandalose, con le quali si cercava di “ricattare” il cittadino, assicurandogli che – se non fosse stato respinto il referendum – ci sarebbe stato il caos, politico ed economico, insomma un reale disastro per l’intero Paese.
In queste condizioni, è importante, comunque, aver raggiunto tante cittadine e cittadini, aver parlato con loro ed aver svolto quel lavoro di informazione vera che nessun altro ha fatto. Perché in giro ci sono state molte chiacchiere dall’altra parte, molte falsità e molte minacce al limite del ricatto, ma ben poco sul merito, che era la cosa più importante; e sì che c’era – e c’è – tanto da discutere, anche in relazione alle vicende di questa legge elettorale, più volte modificata, in questo o quel ramo del Parlamento, sempre per ragioni non attinenti all’interesse pubblico, ma piuttosto a quello dei partiti ed alle loro attese.
Questa legge elettorale, che oggi sembra che tutti vogliano ancora una volta modificare, continua ad essere la negazione della democrazia. C’è un premio di maggioranza iniquo, sulla base di un quorum modesto, assegnato a chi ha avuto il maggior numero di voti e che si trova di colpo ad ottenere 340 deputati su 630, cioè la maggioranza assoluta. C’è lo scandalo dell’eventuale ballottaggio; nel caso che nessuno abbia raggiunto il 40% non c’è più quorum e vince chi ha più voti (magari anche pochi). Resta poi lo scandalo dei “nominati”, cioè i capilista designati dai partiti, e che possono presentarsi in più circoscrizioni, dando così luogo alle inevitabili rinunce ed all’avanzamento di candidati sconosciuti agli elettori.
Come accennato, ci sono molti che ora si propongono di cambiare ancora la legge, alcuni addirittura in peggio. Non sarebbe un vantaggio, di certo, tornare alle coalizioni, anziché alle liste. Semmai si dovrebbe, invece, individuare un sistema più coerente ed adeguato per consentire ai cittadini di esprimere la loro volontà, non solo con le poche preferenze oggi concesse. Soprattutto, ci sarebbe da modificare quel quorum troppo basso e per di più accompagnato da un “premio” esagerato, come sembrava da escludere, anche da parte della nota sentenza della Corte Costituzionale.
Comunque, staremo a vedere; e non cesserà il nostro impegno anche su questo fronte.
Parallela è la vicenda delle firme per la riforma del Senato, sulla quale non abbiamo ancora dati definitivi, ma che è presumibile che non si discosti molto da quelli sulla legge elettorale, visto che le firme sono state raccolte assieme. Se così fosse, comunque, se cioè – anche qui – si fosse solo sfiorato il risultato pieno, (il quorum), non andrebbe sottovalutato il significato del gran numero di firme raccolte e dell’impegno che ad esse è stato dedicato, come una vera e propria anticipazione della campagna referendaria. Tutti dati assai rilevanti, considerando che, in questo caso, il referendum si farà comunque, essendoci altre richieste già proposte da tempo e che si tratta solo di continuare ed accentuare quella “campagna” informativa di cui ho detto a proposito della legge elettorale e che, in questo campo, è stata ancora più precisa per quanto riguarda le ragioni di merito.
Va dato atto dello sforzo straordinario che è stato compiuto e va chiesto a chi si è impegnato, di continuare, con la vera e propria campagna referendaria ed a chi è stato a guardare di entrare in campo, vista la delicatezza della posta in gioco e l’importanza estrema di una vittoria conclusiva del NO, non sul piano di interessi egoistici, ma su quello dell’interesse del Paese. Anche in questo caso, naturalmente, ci sono state le difficoltà già indicate e si è trattato davvero di scalare una montagna, con forze molto attive, ma non sempre adeguate alla bisogna. Si è creato uno spirito collettivo, un desiderio diffuso di vincere che certamente aiuterà ed anzi spingerà ad andare avanti con maggior lena.
Si è già fatto tanto, ma adesso si deve fare ancora di più: condurre una campagna informata e di convincimento “porta a porta”, cittadino per cittadino, con tutti i mezzi disponibili, compresi quelli più avanzati tecnologicamente, sul piano della comunicazione.
Fra l’altro, sono di questi giorni due importanti notizie, su cui occorre riflettere: la presa di posizione “in grande stile” della Confindustria, in termini pressoché ricattatori; e la recentissima posizione di alcuni fedelissimi di Berlusconi che vorrebbero condurlo ad un nuovo “patto del Nazareno” con conseguente addolcimento della posizione anche sul referendum.
Sulla prima, vediamo – prima di tutto – in che cosa consiste la novità. Quello che sembrava un allineamento (interessato) alle ragioni governative, ora è diventato un “allarme” lanciato ai cittadini. Così titola il Corriere della Sera del 2 luglio: “Allarme di Confindustria: se vince il NO c’è il rischio di caos politico e recessione”; nel testo si legge che, secondo la Confindustria, la vittoria del NO, potrebbe determinare una caduta del PIL, una caduta dell’occupazione, un aumento del debito pubblico, addirittura una fuga di capitali. La motivazione di tutto questo disastro è veramente scadente: alcuni argomenti sono tali da far correre la mente ad alcuni gravi precedenti, come l’ammonimento di alcuni anni fa, da parte di alcuni “poteri forti” che le Costituzioni vigenti in Europa (dunque anche in Italia) abbisognavano di riforme, perché troppo di “sinistra” e dunque pericolose (banalizzo, ma questo, in sintesi era il vero ragionamento). In effetti, è certo che – di per sé – una riforma del Senato (ancorché orrenda anche dal punto di vista giuridico) non potrebbe cagionare simili disastri; ma al risultato ricattatorio si perviene evocando “le dimissioni del Presidente del Consiglio, l’impossibilità di formare un Governo, una fase di ingovernabilità e di instabilità”. Sarebbe più semplice dire ai cittadini: se voterete NO un Dio implacabile vi punirà, non per le conseguenze dirette sul Senato e sulla struttura parlamentare, ma per il diluvio di effetti indiretti, per altro già ipotizzati, sia pure in forma meno tranchant da alcuni esponenti della maggioranza di governo.
Tutto questo è talmente risibile, che si potrebbe essere indotti a sottovalutarlo, e invece no. Quando i poteri forti parlano in questo modo, bisogna preoccuparsi e creare gli antidoti perché tutto lo sconquasso preconizzato non avvenga. Non è un paradosso dire che proprio il NO sia il maggior antidoto che si possa immaginare, perché – se esso vincerà – con un colpo solo avremo salvato dallo scempio la Costituzione, disperso la profezia di un’improvvisata Cassandra e, alla fine, tutto resterà come prima, affidato alla politica, ma soprattutto alla volontà dei cittadini, espressa liberamente e fortemente con una positiva partecipazione, di cui c’è immenso bisogno. Dunque, maggior impegno e più diffuso appello affinché alle nere profezie della Confindustria (e di qualcuno del Governo) si contrappongano con forza tutte le organizzazioni democratiche. Diviene ancor più forte il nostro auspicio che – dopo il deliberato di maggio, con cui la CGIL ha espresso un giudizio nettamente negativo sulle riforme in questione – ci siano ulteriori prese di posizione e di discesa in campo, per combattere tutti assieme (noi “democratici”) un nemico comune.
Quanto all’altra novità (la proposta di un riavvicinamento di Forza Italia al Governo, con relativo addolcimento della posizione sul referendum che un tempo, ricordate, era assolutamente negativa), c’è solo da rilevare che, una notizia del genere, non solo non ci preoccupa, ma ci induce ad impegnarci ancora di più (e il primo strumento di cui disponiamo è il No nel referendum) per combattere, anche così, la cattiva politica, quella che strumentalizza tutto, riducendo anche le questioni più rilevanti (quelle sulla Costituzione, per esempio) al livello banale ma terribilmente concreto di interessi di partito o, peggio, aziendali. Non ci interessano i voti di Forza Italia, ma ci interessa la linearità dei comportamenti. Quando si è disposti a barattare le posizioni su questioni di fondo con quelle “della bassa bottega”, questo non ci preoccupa ma ci sprona a indurre tutti i cittadini a dire no a questo tipo di politica, no a questo tipo di riforme, no a tutto ciò che sa di interesse personale, contrapponendosi al bene comune e all’interesse pubblico.
Devo dedicare, infine, alcune considerazioni conclusive all’ANPI. Siamo partiti con qualche difficoltà, perché – in contemporanea – si svolgeva la nostra vicenda congressuale; ma gradualmente ci siamo “scaldati” e dopo il 15 maggio, concluso il Congresso nazionale, siamo entrati in campo con tutte le nostre forze e il nostro impegno. Non c’è Sezione, non c’è Comitato provinciale che non si sia mobilitato, in tutta Italia, aderendo a Comitati o promuovendone la costituzione, ma soprattutto operando, con mille e mille banchetti, in tutte le ore ed i giorni. Sono proprio convinto che se non ci fosse stata l’ANPI in azione, quel risultato – straordinario, se pure non sufficiente per il quorum – non sarebbe stato possibile. Di questo va dato atto ai nostri militanti, alle giovani, ai giovani, agli anziani e alle anziane, a tutti i compagni e le compagne, insomma, che si sono prodigati senza tregua. A tutti loro mi rivolgo con gratitudine e orgoglio per il risultato conseguito, ma anche con l’invito a continuare, anzi ad irrobustire il loro lavoro per la campagna referendaria. Stiamo organizzandola, questa campagna, nei nostri modi e con i nostri mezzi; faremo incontri preparatori, distribuiremo materiali di ogni tipo; ma soprattutto confidiamo nello spirito, nella volontà, nella convinzione ferma di tutti questi partigiani e antifascisti che vogliono che la Costituzione sia protetta da ogni stravolgimento, per essere, quando occorre, sottoposta solo alle modifiche necessarie che si muovano nell’ambito delle linee di fondo del sistema costituzionale. Questa battaglia dovrà essere vinta, assolutamente, nell’interesse del Paese, della Costituzione, della democrazia. Non ci saranno caos né guasti, né all’economia né alle istituzioni. Al contrario, dalla vittoria del NO uscirà un forte ammonimento per tutta la classe politica: bisogna fare, certamente, ma fare bene nell’interesse del bene comune; e soprattutto, prima ancora che modificarla, bisogna attuarla, questa Costituzione, che di questo ha tantissimo bisogno, per superare le disuguaglianze sociali, la povertà, la mancanza di lavoro e per restituire un presente ed un futuro ai giovani.
Al lavoro, dunque, con rinnovato ardore e rinnovata fiducia; e sono certo che se davvero tutti i sinceri democratici si impegneranno, anche solo per pronunciarsi per il NO alla riforma del Senato, questa battaglia fondamentale, per il bene del Paese, sarà vinta. Ai “sorrisi” con cui il Presidente del Consiglio – Segretario del partito di maggioranza – conclude le lettere che sta inviando a tante cittadine e cittadini, dobbiamo contrapporre la nostra serenità, la nostra fermezza, la nostra fratellanza, quelle doti che anche in questo dopoguerra ci hanno consentito di resistere e reagire, con esito positivo, ai molteplici tentativi, in forme più o meno gravi, di incrinare o indebolire il nostro sistema democratico.
Carlo Smuraglia, Presidente nazionale dell’ANPI
Da ANPInews n. 209 – 5/12 luglio 2016
Pubblicato mercoledì 6 Luglio 2016
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