Il più importante filosofo spagnolo dice la sua sul movimento separatista catalano accusandolo di essere antidemocratico, antisociale, integralista e, infine, anacronistico perché scambia l’idea di cittadinanza politica con quella medievale di territorialità.

Savater cerca di spiegare l’inganno indipendentista come qualcosa di pericoloso e diabolico per lo stato di diritto: «Il diavolo è etimologicamente il separatore colui che rompe e disgiunge i legami stabiliti».

Savater, Contro il separatismo, Laterza 2018.

 

Bruno Maida ha scritto un libro importante, sebbene con una scrittura a tratti ripetitiva. Ogni società, e soprattutto ogni società in guerra, dovrebbe essere giudicata per il rispetto e la dignità che attribuisce all’infanzia.

Nel ‘900, sostiene l’autore, l’infanzia è stata di volta in volta materiale umano di indottrinamento, soldato e vittima. Si può accompagnare la lettura del libro con la visione del capolavoro di Tarkovskij L’infanzia di Ivan, che compendia i momenti appena elencati.

Maida, L’infanzia nelle guerre del Novecento, Einaudi 2018.

 

 

Come il fascismo ha cercato di plasmare le istituzioni liberali e come governava concretamente è il tema dell’ultimo libro di Guido Melis.

«Macchina imperfetta», secondo una definizione di Giame Pintor, lo Stato fascista fu anche un compromesso con l’apparato amministrativo, economico, burocratico che sopravvisse al fascismo stesso e transitò nell’età repubblicana. Ma forse il senso del libro sta nella domanda: come mai le istituzioni e strutture dello Stato moderno sono in grado di attraversare governi e ideologie anche opposte?

Melis, La macchina imperfetta. Immagine e realtà dello stato fascista, Il Mulino 2018.

 

 

Uscito nel 1949 L’Agnese va a morire della partigiana Renata Viganò (1900-1976) è uno dei grandi romanzi della Resistenza.

L’ingresso della lavandaia Agnese, dopo la morte del marito, nel movimento partigiano delle valli del Comacchio, in un paesaggio simile a quello dell’ultimo episodio di Paisà, è raccontato senza retorica, semplice e grande allo stesso tempo: «L’Agnese lo interruppe: “Se c’è qualcosa che posso fare io…”. Arrossì, come se si fosse azzardata a dir troppo, e si strinse il fazzoletto sotto il mento: “Chissà se sarò buona”, aggiunse».

Viganò, L’ Agnese va a morire, Einaudi 2005.