Ottanta anni fa, nelle zone dell’Italia libera, tornava a essere riconosciuta e festeggiata la Giornata internazionale della donna che il fascismo aveva cancellato. Viviamo questo 8 Marzo 2025 nel tempo di un anniversario importante e di grande valore ideale e simbolico: 80 anni fa l’Italia venne liberata dal nazifascismo. Una Liberazione che ha visto protagoniste tante donne, partigiane e ribelli nella Resistenza, che hanno dato il loro indispensabile contributo, con coraggio e determinazione, all’affrancamento da un regime violento, totalitario, liberticida, razzista, misogino e intollerante. Molte hanno pagato il loro antifascismo con la vita.
“Senza le donne non ci sarebbe stata Resistenza”, hanno ripetuto in tante e tanti, da Lidia Menapace a Tina Anselmi ad Arrigo Boldrini, il Comandante Bulow. Ma la lotta delle donne per la giustizia sociale, per la reale uguaglianza, per i diritti e per l’emancipazione non si è fermata il 25 aprile del 1945 e neanche con l’approvazione tre anni dopo della Costituzione, alla cui stesura 21 donne di valore avevano partecipato. Bisognava trasformare la società, tramutare in leggi quei principi egualitari della “legge madre”.

Le donne sono scese in piazza, hanno lottato anche in Parlamento per ottenere il nuovo diritto di famiglia, la libertà di divorziare e di disporre del proprio corpo, persino di non subire volenza e venire uccise con impunità per gli assassini. Una battaglia durata decenni e che dura ancora. “Il cammino delle donne è il cammino della democrazia”, diceva l’indimenticabile Carla Nespolo, prima presidente nazionale donna dell’Anpi.
Oggi il Coordinamento nazionale donne Anpi è chiamato, con l’intera Associazione e tutta la società civile, a fronteggiare una nuova situazione terrificante nazionale e mondiale di oscurantismo, di negazione dei diritti sociali e civili aggravata dalle atrocità delle guerre in corso.
Ci troviamo di fronte a un tentativo di “apartheid di genere”, come denuncia il Cisda (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) che chiede all’Onu il riconoscimento di tale apartheid come crimine contro l’umanità. Un obiettivo che non riguarda solo le donne afghane, ma ormai oltre la metà dei Paesi del mondo, che abitano nel Sud, l’Oriente e l’Occidente.
Le prime vittime innocenti delle guerre – e non parliamo solo della Striscia di Gaza, del Libano e della Cisgiordania o del conflitto tra Russia e Ucraina – sono le donne, le bambine e i bambini. Le violazioni dei diritti umani sono quotidiane: stupri, omicidi, violenze di ogni genere.

Guerre che alimentano la ricorsa agli armamenti, rendono inquietante il vertiginoso aumento delle spese militari e tolgono liquidità ai servizi alla persona a favore delle fabbriche di armi e di morte. Abbiamo bisogno di pace, di giustizia e di uguaglianza, non vogliamo che siano le armi, la violenza e le guerre a dettare e determinare le sorti dell’umanità. All’Europa non serve rincorrere folli e pericolose iniziative del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. È invece urgente che l’Europa ritrovi l’orgoglio delle sue origini scritte sulle pietre di Ventotene. Altro che scorporo dal Patto di Stabilità delle spese per il settore militare come annunciato dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

La sospensione del Patto di Stabilità andrebbe invece decisa per finanziare e sostenere la transizione green, gli investimenti in ricerca e intelligenza artificiale come indicato dal premio Nobel Giorgio Parisi, e politiche a favore dell’economia sociale e della cultura. Lo stesso contrasto ai preoccupanti fenomeni di violenza giovanile investe questioni di cultura e di economia sociale, così come il costante aumento di femminicidi che – anche nel nostro Paese – sono frutto di una secolare cultura patriarcale e di possesso. Temi ignorati e occultati dal governo italiano le cui propensioni autoritarie, oscurantiste e sessiste sono sempre più evidenti.

Facciamo già i conti con un pericoloso e dannoso arretramento di diritti e un innegabile ritorno indietro rispetto alle conquiste delle donne di mezzo secolo fa. Il tutto condito dal continuo refrain di una minoranza, non silenziosa, di odio e di disprezzo per l’umanità. Prevenzione zero. La legge finanziaria 2025 ha tagliato i sostegni economici alle figlie e a figli delle donne vittime di femminicidio. Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara – solo per citare gli ultimi provvedimenti – ha ridotto il confronto sui temi dell’affettività e della sessualità, e quindi della violenza di genere, a poche ore di educazione civica, mentre i docenti sono tenuti a formarsi sul tema dell’infertilità, indicato prioritario. I mass media spesso non aiutano. In molti casi di femminicidio, nella narrazione ancora si cercano attenuanti per il carnefice dimenticando l’etica del linguaggio.

La legge 194 continua ad essere sotto attacco e con questo governo subisce numerosi tentativi di svuotamento effettivo dei suoi contenuti e obiettivi. I consultori sono stati aperti alle associazioni antiabortiste e i medici obiettori sono stati invitati a far sentire il battito del cuore del feto alle donne che hanno scelto di interrompere la gravidanza, fino alla inqualificabile e offensiva proposta di bonus per le donne che rinunciano ad abortire. Guarda caso si è incominciato a registrare la vergognosa ripresa degli aborti clandestini.
Manca solo che facciano tornare in auge lo slogan del ventennio fascista sul dare figli alla Patria, come se la libertà di scelta e l’autodeterminazione delle donne fosse questione di qualche decina di euro.

I tagli alla sanità pubblica, quelli ai servizi alla persona, la chiusura di sempre più consultori e asili nido hanno l’obiettivo di azzerare lo stato sociale. La conseguenza è che le donne sono lasciate sempre più sole, senza risorse per potersi curare e senza aiuti concreti. Mentre già subiscono trattamenti di disparità sul lavoro, devono accontentarsi di impieghi precari e mal pagati a scapito della loro autonomia. La povertà estrema non è più solo un rischio soprattutto nelle periferie che si trovano a ogni latitudine. Le donne diventano così ricattabili e più vulnerabili.
Questo 8 Marzo 2025, che per ANPI coincide, non per pura casualità, con la prima delle due giornate del tesseramento nazionale, è per il Coordinamento Donne un’occasione per ribadire il nostro impegno al rispetto del principio di diritti uguali scritti nella Costituzione, per continuare a promuovere la crescita e la presenza nell’Associazione di un sempre maggior numero di donne a partire dalle più giovani che rappresentano il futuro della Resistenza.
A 80 anni dalla Liberazione, ricordando le nostre Resistenti, continuiamo l’impegno per la pace, per combattere la violenza, la disparità di genere, per rilanciare e sostenere un modello di servizi pubblici di qualità, capace di garantire piena uguaglianza e universalità dei diritti sociali e civili. Lo facciamo con la nostra storia e la nostra determinazione, da protagoniste di libertà, di pace e di democrazia.

Il tempo che ci aspetta pare segnato da cambiamenti radicali e veloci ma, nello stesso tempo, mutevoli e incerti. Che questo 8 marzo rappresenti per tutte e tutti un’occasione di riflessione e di impegno per costruire il cammino di una nuova Liberazione e nuovi spazi di democrazia. Partigiane e libere sempre.
Coordinamento nazionale donne ANPI
Pubblicato venerdì 7 Marzo 2025
Stampato il 28/03/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/anpi/8-marzo-2025-libere-e-partigiane-nell-80-liberazione-oggi-come-ieri-continuiamo-a-costruire-il-futuro/