“Carneade, chi era costui?”, si chiede il tremulo don Abbondio nella famosa pagina del Manzoni. Eppure fu, nell’antica Grecia, filosofo di un certo valore della corrente degli scettici. Giorgia, invece, allo stato delle cose, è una fanciulla di bell’aspetto e di tacchi a spillo, sconosciuta all’universo mondo fino a pochi giorni fa. Dopodiché, in quanto candidata alle elezioni del Comune di Reggio Emilia in nome e per conto di Fratelli d’Italia, si autofilma mentre si pulisce le scarpe con una maglietta antifascista, gettando la medesima – dopo l’uso – nel bidone dell’immondizia e schiaffa il video-spot sulla sua pagina Facebook. Cosa non si farebbe per finire sui giornali! Così nessuno diventa qualcuno. Specie in campagna elettorale. Infatti la leggiadra nessuna diventa un caso nazionale.
Giorgia, chi era costei? Sempre sulla sua pagina Facebook, per fugar ogni residuo dubbio, eccola immortalata con la omonima. Giorgia. Nel senso della Meloni.
Risponde Ermete Fiaccadori, presidente Anpi di Reggio Emilia con una lettera pubblicata sul quotidiano locale Gazzetta di Reggio: “È bene ricordare. Come abbiamo scritto nell’ultimo notiziario Anpi, l’uccisione di Matteotti, ordinata da Mussolini, avvenne nel 1924, dopo le elezioni vinte con la violenza dal Duce, perché l’esponente socialista aveva denunciato in Parlamento il clima che aveva preceduto e accompagnato la tragica farsa elettorale (solo nel reggiano, trenta uccisi dal 1920 al 1924). Quindi ebbe inizio il ventennio di dittatura repressiva, con abolizione di ogni libertà, tribunali speciali con giudici in camicia nera, torture, condanne a morte, secoli di carcere e confino alla opposizione clandestina, la guerra. Come Lei Direttore ha ben scritto nel suo commento, la signora può oggi esprimere liberamente il suo pensiero perché il movimento partigiano, con l’appoggio della stragrande maggioranza della popolazione e con l’apporto delle forze alleate, ha combattuto e sconfitto il fascismo ed il nazismo in Italia e nel mondo intero. I partigiani hanno pagato un prezzo altissimo ma hanno riscattato l’onore del nostro Paese”.
Come dire: gentile (gentile?) ragazza, lei può consentirsi il lusso di fare quello che ha fatto grazie alla lotta vittoriosa dei partigiani che ha offeso. Perché, sa, sotto il fascismo, invertiti i termini della questione, per esempio usando una maglietta con la scritta Dux per pulirsi le scarpe, si sarebbe probabilmente trovata di colpo a Ventotene per una lunga e non richiesta vacanza. Oppure manganellata da un gruppo di squadristi. Oppure peggio. Ah, si dimenticava: non avrebbe potuto presentarsi alle elezioni del consiglio comunale, perché non c’era nessun consiglio comunale. Erano stati sciolti, giunta e sindaco compresi, e sostituiti dai podestà nominati dal governo.
La storia finisce qui? No. Rimane qualcosa: l’oltraggio, lo scherno, il disprezzo, il vilipendio. Si dice: lo stile è la persona. Ragion per cui il bidone dell’immondizia in cui lei ha poco elegantemente buttato quella maglietta è il luogo ideale per contenere l’intera sua performance. Una vicenda triste con due suggerimenti conclusivi. Alla Giorgia, quello di studiare. È vero, è faticoso, qualche volta sgradevole, specie quando lo studio contraddice miti e fantasmi che ci si è costruito. Ma è assolutamente necessario in generale, e specialmente nel suo caso. Perché sapere vuol dire capire. Ai cittadini, il suggerimento di andare a votare. Votare la lista che si vuole, purché sia chiaramente e dichiaratamente antifascista. Perché è, certo, una questione di democrazia e di libertà. Ma è anche, come dimostra l’episodio della maglietta, una questione di dignità e di decoro civile.
Ps: in questo articolo non abbiamo mai scritto il cognome della candidata di Fratelli d’Italia. E tanto meno ne pubblichiamo la foto. Meglio, molto meglio, quella di Giacomo Matteotti.
Pubblicato mercoledì 22 Maggio 2019
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