Nel corso di tutta la campagna elettorale i sondaggi pubblicati dalle principali agenzie di ricerca greche hanno mostrato un testa a testa tra Syriza, il partito del premier uscente Alexis Tsipras, e Nuova Democrazia, principale forza politica di centro-destra e ultimo baluardo del sistema politico che aveva governato la Grecia per quasi 40 anni e che dopo la crisi si è progressivamente andato sgretolando.
Sondaggi sorprendenti, pensando alla grande voglia di cambiamento sull’onda della quale Syriza ha vinto le elezioni politiche del gennaio 2015 con oltre il 36,34% dei voti e che gli ha permesso di ottenere, da sola, la quasi maggioranza assoluta del Parlamento con ben 149 seggi. Formato un governo di coalizione apparentemente innaturale con i nazionalisti dei Greci Indipendenti (a unire le due formazioni politiche vi era solo la ferma e decisa avversione alle politiche di austerità imposte al paese) Tsipras ha sin da subito dovuto fare i conti con la forte diffidenza dei partner europei, Germania in testa, nei confronti del suo governo, ritenuto una sorta di corpo estraneo rispetto alle grandi famiglie politiche europee e considerato poco affidabile. In un clima apertamente ostile, Tsipras ha cercato di presentare all’Europa le sue ricette per portare la Grecia fuori dalla crisi, i cui ingredienti si sono mostrati certamente indigesti per chi, ancora oggi, ritiene che l’unica pietanza realmente commestibile per il Vecchio continente sia quella che prevede l’austerità come componente principale. Quella condotta da Tsipras, e dal suo ministro delle Finanze Yannis Varoufakis, è sembrata sin da subito una lotta impari. Come poteva, d’altronde, un governo di sinistra radicale appena insediatosi alla guida di un piccolo paese dell’Ue pensare di cambiare le scelte di politica economica che un gigante come la Germania aveva convinto tutti ad applicare sino a quel momento? E, infatti, nonostante la grande tenacia dimostrata, nonostante il grande coraggio politico (non può non definirsi così la scelta di indire un referendum contro tutto e tutti in Europa, mettendo a rischio il proprio governo), alla fine Tsipras ha dovuto “chinare la testa”, accettare un nuovo memorandum e nuove, pesantissime, misure economiche che hanno portato a una profonda spaccatura politica all’interno della stessa Syriza.
L’arrivo al potere di Tsipras ha dunque rappresentato una sorta di effimera speranza di cambiamento, che alla prova della realtà si è disciolta come neve al sole? Qualcuno potrebbe pensarla così, ma sarebbe un modo parziale di vedere le cose. È vero che Tsipras non è riuscito a ribaltare il tavolo europeo e le scelte economiche dell’Unione, così come è vero che ha dovuto, suo malgrado, accettare un nuovo piano di aiuti che continuerà a condizionare le scelte di politica economica del suo paese per molti anni a venire. È altrettanto vero, però, che il suo arrivo al potere ha posto, sarebbe meglio dire imposto, alcune questioni cruciali al centro del dibattito europeo. Mai, prima dell’arrivo al governo di Tsipras, si era aperto un dibattito tanto franco e vivace sulle politiche di austerità. Mai, prima di allora, tanti governi avevano apertamente criticato tali politiche. Certo, poco è ancora cambiato rispetto a prima, ma quantomeno un dibattito chiaro e aperto è oggi in corso.
Basta questo per comprendere perché i greci, nelle elezioni di settembre, hanno dato nuovamente fiducia a Tsipras, nonostante la sconfitta in Europa, un nuovo memorandum e la nascita di un partito alla sua sinistra? Certamente no. Altre ragioni hanno permesso a Syriza di tornare al governo superando di oltre il 7% Nuova Democrazia e perdendo, rispetto alle elezioni di gennaio, meno di un punto percentuale e soli 4 seggi parlamentari. Innanzitutto vi è stato il timore di un ritorno al potere dei partiti che hanno condotto la Grecia sull’orlo del fallimento alimentando per anni corruzione e clientelismo. Quegli stessi partiti che, una volta sopresi con le mani nella marmellata, hanno immediatamente sposato le più rigide politiche di austerità. Da questo punto di vista è diffusa la convinzione che Tsipras rappresenti la migliore garanzia di una onesta gestione della cosa pubblica e di politiche economiche più eque. Il leader di Syriza oltre a usare gli argomenti tipici della sinistra, sottolineando spesso la necessità di una maggiore giustizia sociale e di un più forte sostegno agli strati sociali più deboli, ha saputo inoltre parlare anche ai sentimenti nazionali dei greci, usando a più riprese termini come dignità e orgoglio.
In questo senso Tsipras ha mostrato di essere un leader capace di andare ben oltre i confini dell’elettorato tradizionale della sinistra, provando di conoscere molto in profondità la società greca, estremamente orgogliosa della propria tradizione e della propria cultura, che ha molto sofferto negli ultimi anni le imposizioni subite dall’esterno. Il governo greco, dopo il voto, è tuttavia atteso dalla sfida più difficile, quella rappresentata dalla necessità di coniugare le riforme economiche concordate con le istituzioni europee con politiche sociali in grado di rispondere efficacemente ai reali bisogni di una popolazione prostrata dalla lunga crisi economica. Un’operazione complessa da realizzare e tuttavia necessaria. Fallire significherebbe perdere il sostegno di parte della sinistra e lasciare un grande spazio politico ai neonazisti di Alba Dorata, terza forza politica del Paese con il 7% dei voti, la quale ha costruito la sua ascesa proprio sulla grave crisi economica e sociale che ha colpito la Grecia e che oggi può rivendicare di essere l’unica forza politica a non aver votato nessuno dei memorandum imposti al Paese.
La vittoria di Syriza è dunque soprattutto una vittoria di Tsipras, capace di sconfiggere gruppi di potere assai consolidati e di contenere al tempo stesso gli effetti di una pericolosa scissione a sinistra, grazie alla sua capacità di parlare all’intero Paese e non solo a quella parte politicamente e culturalmente a lui più vicina.
Francesco Anghelone, coordinatore dell’area di ricerca storico-politica dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, analista politico e storico
Pubblicato venerdì 16 Ottobre 2015
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