Le pietre d’inciampo sono piccoli monumenti ideati dall’artista berlinese Gunter Demnig in ricordo di donne, uomini, bambini ebrei vittime della Shoah. Simili ai sampietrini romani, sono incastonati sulla strada o sul marciapiede antistante l’abitazione di chi non tornò dai campi di sterminio. Vi è applicata una targa in ottone con incisi nome e anno di nascita, data di arresto, data e luogo di deportazione e di morte. L’iniziativa, cominciata nel 1995 a Colonia, è stata introdotta nel 2010 anche in Italia, dove le stolpersteine sono dedicate sia ad appartenenti alla Comunità ebraica sia ad antifascisti, a Caduti dello stragismo hiltleriano e repubblichino, e ad altri perseguitati sterminati. È Roma la città del Paese che per prima adottò le pietre d’inciampo, seguita da altre località, sono collocate con il contributo dell’associazione “Arte in Memoria” e dei famigliari, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, il coinvolgimento delle Istituzioni, Comuni e Municipi, e di sodalizi e personalità che operano nei territori. Se dall’inizio del progetto i “piccoli macigni” della barbarie nazifascista sono oltre 64.000 in 1.800 città di 21 Stati europei – posati sempre personalmente dallo scultore berlinese – in Italia è la Capitale ad averne di più, 287, seguita da Torino con 93 lapidi d’ottone.
I numeri comprendono le pietre deposte nel 2018, anno in cui ricorre l’80esimo delle leggi razziali.
Così per l’edizione capitolina, la nona, Demnig ha installato 11 nuovi ciottoli dorati sia in quartieri centrali sia in periferia. Tre si trovano nel Ghetto, in memoria di Virginia Piazza e di Pacifico Di Consiglio; in via Dei Delfini 4, in memoria di Ester Mieli. Altre tre sono disposte nelle zone dove operò la Resistenza, i quartieri popolari, e ricordano due partigiani Caduti alle Fosse Ardeatine: Paolo Angelini e Carlo Camisotti. Erano componenti dei Gap VIII Zona, riconosciuti da una spia, vennero arrestati e condotti a via Tasso prima di essere trucidati. Altre 5 pietre verranno deposte a giorni.
Anche nel capoluogo piemontese le nuove stolpersteine ricordano vittime ebree, oppositori politici e combattenti contro l’occupazione: ebrei morti ad Auschwitz, come l’ingegner Umberto Nizza e Moise Adolfo Cremisi, i coniugi Teodoro Sacerdote e Rosetta Fubini; antifascisti come il comunista Giovanni Bini, verniciatore, poi netturbino, che perse la vita a Gusen; persone quali Remo Obbermito, morto in prigionia a Zöschen, reo di aver fornito falsi lasciapassare falsi a ricercati per ragioni politiche o razziali. Nel territorio metropolitano torinese anche Ivrea e Collegno entreranno a far parte del museo diffuso delle pietre d’inciampo. Collegno ha posto la prima davanti all’ingresso della Certosa Reale, dedicandola a Massimo De Benedetti, deportato e morto nel campo di sterminio polacco.
In provincia di Alessandria, a Casale Monferrato Demnig è tornato per la terza volta a deporre tre pietre.
Al mosaico della memoria vanno aggiunte anche le 13 pietre poste a Venezia, davanti a Ca’ Foscari, al Lido e in altre isole della Laguna (in tutto diventano 69); a Padova saranno collocate davanti a Palazzo Bo per non dimenticare la fine nei lager di cittadini ebrei e di docenti e studenti dell’Ateneo.
Ma Milano non sarà da meno, nel 2018 sono ben 23 le pietre d’inciampo collocate. Un’iniziativa avviata con grande partecipazione per colmare il rispetto ad altre metropoli europee (le prime 6 stolpersteine sono dello scorso anno) blocchetti da 10×10 ricordano cittadini milanesi deportati e assassinati nei lager nazisti durante la seconda guerra mondiale. Tra loro anche l’architetto Giuseppe Pagano, il progettista della sede storica della Bocconi, istriano arrestato a Milano nel 1944.
Pubblicato martedì 23 Gennaio 2018
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