Ieri come oggi?

“Devi morire nel forno”, “Sei un ebreo di m…”. E poi botte, sputi e altri insulti. La vittima è un bambino di 12 anni, e ad aggredirlo sarebbero due ragazze, di 15 anni. Chissà se a scuola le due adolescenti hanno studiato la storia delle leggi razziali, della deportazione e della “soluzione finale” in occasione del Giorno della Memoria, il 27 gennaio. La violenza risale a domenica scorsa, quando il piccolo è con un gruppetto di amici in parco. Nessuno di loro lo avrebbe difeso.

Il post del Comune su Facebook

Tornato a casa il bambino racconta al padre, che a sua volta informa la sindaca Alberta Ticciati. La prima cittadina decide di rendere pubblica la vergogna per un fatto “di gravità inaudita” a nome dell’intera comunità e lo fa con un post su Facebook. La solidarietà arriva da Istituzioni e, dalla Comunità ebraica di Firenze e dall’Anpi provinciale di Livorno.

Che non solo ha voluto stigmatizzare l’accaduto ma lanciare un monito.  Perché “nella vita esiste il libero arbitrio – scrivono i partigiani –. Si può scegliere se stare dalla parte della ragione o del torto, se fare la scelta giusta oppure quella sbagliata”. Un periodo difficile l’adolescenza, aggiungono gli eredi livornesi della Resistenza “in cui la voglia di farsi notare e di gridare al mondo che si esiste può indurre i più deboli a nascondere le proprie fisiologiche insicurezze dietro a una maschera bestiale”. Ma non fa sconti alle presunte autrici della violenza antisemita: “Vi ispirate a quei simboli del male perché, nella vostra profonda ignoranza, è l’unica cosa che vi viene in mente per travestirvi da “cattivi”, per avere la libertà di sopraffare e umiliare il prossimo, per far credere agli altri di essere superiori alle leggi morali e civili, senza temere punizioni e conseguenze perché avete fatto gruppo, branco”.

E se la dinamica dell’aggressione fosse confermata è necessario che chi l’ha commessa, proseguono i partigiani livornesi, “sia punito adeguatamente per essere messo di fronte alle responsabilità. Non per crudeltà o per vendetta, ma per fargli comprendere che la vita non è questa, che su questo pianeta non esiste qualcuno che non sia un ‘diverso’ per qualcun altro e che il gesto compiuto è quanto di più ignobile possa essere concepito, perché la violenza inizia sempre con una discriminazione: noi siamo forti e tu sei debole, noi siamo normali e tu sei contro natura, gay, lesbica, disabile, io sono uomo e tu sei donna, noi siamo ricchi e tu sei povero, noi siamo intelligenti e tu sei scemo, noi siamo civili e tu sei un selvaggio, noi siamo veri credenti e tu sei un pagano, noi siamo belli e tu sei brutto”. E quanto accaduto prova che la ricorrenza del 27 gennaio è un fondamento della nostra civiltà e la sua commemorazione è quanto mai NECESSARIA per continuare a smascherare e a mettere con le spalle al muro gli autori di gesti ignobili, come quello avvenuto nella nostra comunità. Dall’Anpi di Livorno un consiglio per i giovani: “studiate, e capirete che nella vita non conviene essere i ‘cattivi’ di turno, perché la storia ci insegna che, oltre ad aprire ferite e barbarie inenarrabili, prima o poi, la cattiveria si ritorce sempre contro chi la mette in pratica”. Aggiunge il presidente provinciale dell’Anpi Livorno, Gino Niccolai: “Dobbiamo interrogarci tutti, quelle ragazzine potrebbero essere le nostre nipoti, il diverso prende oggi in prossimità del 27 gennaio  il volto di un bambino ebreo e forse già il 29 prenderà quello di un immigrato”.