Squadristi (da https://promemoria.anpi.it/il-dopoguerra-e-l-avvento-del-fascismo)

Centinaia di migliaia di persone visitano, giustamente, il Museo Egizio di Torino. Gli oggetti maestosi e i particolari del quotidiano permettono di capire come viveva quella civiltà 4.000 anni fa; consentono di approfondire usi, costumi, tradizioni; aiutano a interpretare gli scritti; contribuiscono all’evoluzione della scienza, dell’arte e dell’architettura; producono curiosità. La visita al Museo egizio di Torino fa entrare in quel mondo per uscirne soddisfatti, con la sensazione di saperne un po’ di più. Quell’enorme contenitore di cultura e di fonti permette di portare a casa qualcosa di unico e irripetibile.

Pochi applicano lo stesso interesse, la stessa smania o la stessa curiosa passione per la storia più recente, il 900. Forse coniugare al trapassato remoto gli eventi e le loro conseguenze, permette di dare risposte che sono “universalmente giuste”. Collocare pensieri, azioni, analisi, valutazioni al trapassato remoto, non espone a possibili critiche e ci toglie da implicazioni personali. Il risultato dell’analisi grammaticale che ne esce, determina inevitabilmente un buon voto, un bel giudizio che, difficilmente ci espone. Il 900 non si coniuga al trapassato remoto. Collocare pensieri, azioni, analisi, valutazioni sul quel secolo ci colloca direttamente al presente, al nostro tempo. Nell’enciclopedia della storia, il 900 rappresenta la pagina prima dell’oggi. Quindi ci tocca sul vivo, ci coinvolge, ci implica e ci espone. Sapere tanto sugli egizi non chiede di fare i conti sul come siamo. Sapere i tratti principali del 900, attraverso gli avvenimenti politici che lo hanno segnato in modo indelebile, anche attraverso i particolari, certamente sì.

Ecco perché, oggi, quando si parla di antifascismo, un pensiero diffuso è: “se non c’è più il fascismo che senso ha?”, “il fascismo ha fatto anche delle cose buone…”, “…ma c’era anche il comunismo”, “è una cosa del passato”. È tristemente di moda affermare che il termine “anti” è divisivo e, quindi, l’antifascismo va accantonato. Come se, quando si parla di questa memoria, del 900, si volesse fare mera dietrologia, riproposizione ideologica, esaltazione feticistica del passato o inutile esercizio mnemonico. Fare memoria non è un referendum fra chi vuole il passato o chi vuole la modernità. Fare memoria è, molto più semplicemente, conoscere di più, per capire meglio l’oggi e poter scegliere con consapevolezza per il futuro. Soprattutto quando si parla di ‘900, cioè la pagina prima dell’oggi. Se ci stupisce una pergamena egizia che tratta di rivendicazioni sindacali, facciamoci stupire anche da milioni di fonti che il 900 ci ha consegnato.

Questa rubrica vuole contribuire ad evitare semplificazioni, fornendo elementi di lettura e di comprensione. Per non lasciare il 900 nel trapassato remoto.


Inquadramento giovanile (da https://promemoria.anpi.it/il-regime-fascista)

Un esempio di legge fascista, il 17 maggio 1928 viene varata la legge n. 1029: con la nuova riforma elettorale viene introdotto il sistema plebiscitario

Con la legge 17 maggio 1928 n. 1029 e il successivo Testo Unico del 2 settembre 1928, n. 1993, fu introdotto un nuovo sistema elettorale di tipo plebiscitario, come già allora lo si definì.

La nuova legge elettorale prevedeva un Collegio unico nazionale chiamato a votare o a respingere una lista precostituita di 400 deputati, lista formata dal Gran Consiglio del Fascismo a partire da una rosa di 850 candidati proposti dalle confederazioni corporative nazionali, 200 candidati proposti da associazioni ed enti culturali ed assistenziali ed ulteriori candidati scelti dal Gran Consiglio stesso.

Gli elettori potevano esprimersi con un “sì” o un “no” sulla lista nel suo complesso, esprimendo il proprio voto su schede recanti l’emblema del fascio littorio. Nel caso in cui la lista non fosse stata approvata dal corpo elettorale, era previsto che la consultazione si ripetesse con il concorso di liste concorrenti, presentate da associazioni ed organizzazioni che avessero almeno 5.000 soci elettori. La lista che avesse ottenuto il maggior numero dei voti, avrebbe avuto tutti i propri candidati eletti.

La legge conteneva alcune modifiche in materia di elettorato attivo, che veniva riconosciuto ai maschi di età superiore ai 21 anni (o ai 18 se ammogliati con prole), purché pagassero i contributi sindacali o fossero amministratori di società ed enti, o percepissero uno stipendio a carico dello Stato o una pensione, o pagassero almeno 100 lire di imposte dirette o detenessero una certa quota di titoli del debito pubblico o infine fossero membri del clero cattolico regolare e secolare. Questa norma, insieme che l’esclusione dall’elettorato attivo dei membri dei corpi militari, portò ad una significativa contrazione degli aventi diritto da 11.939.552 a poco più di 9.500.000.

I due plebisciti del 1929 e del 1934 videro una partecipazione al voto particolarmente consistente (89,63% e 96,25%) ed un numero estremamente alto di voti favorevoli alla lista proposta:

  • nel 1929, 8.519.559 sì pari al 98,34% e 135.761 no pari all’1,66%
  • nel 1934, 10.025.513 sì pari al 99,84% e 15.625 no pari allo 0.16%

Tali risultati furono possibili anche a causa dell’attenta vigilanza esercitata dalle amministrazioni pubbliche sulle procedure di voto.

Roma, 1934, Palazzo Braschi. La campagna elettorale per il plebiscito

Ma quali erano le procedure di voto?

Con questa legge agli italiani non era negato il diritto di voto (anche se fu ristretto l’elettorato attivo). Almeno formalmente potevano andare a votare liberamente e potevano scegliere… liberamente? Per come era prevista la procedura di voto, si manifestano le reali intenzioni. Il controllo sul voto che, di fatto, esclude la libertà.

Lo spiega il Testo Unico del 2 settembre 1928 n. 1993:

Art. 72. Riconosciuta l’identità personale dell’elettore, il presidente, estrae una scheda da ciascuno dei due pacchi di schede, che ha sul tavolo dell’ufficio, e le consegna all’elettore dopo avergli apposto sulla faccia esterna il bollo dell’ufficio e la sua firma o avervi fatta apporre quella di uno scrutatore. Fino qui, tutto sta nella normale procedura.

Il presidente avverte l’elettore che deve far uso della scheda tricolore se intende rispondere affermativamente alla domanda contenuta nella scheda stessa, o di quella bianca se intende rispondere negativamente.

Qui si spiega la presunta libertà di voto. L’elettore si reca in una delle cabine a ciò destinate ed esprime il suo voto scegliendo la scheda preferita, che deve ripiegare secondo le indicazioni in essa contenute e chiudere inumidendo la parte ingommata. Prima di abbandonare la cabina introduce nell’urna ivi situata la scheda non preferita. Egli poi si reca presso il tavolo dell’ufficio e consegna al presidente la scheda prescelta per l’espressione del voto. Dunque, l’elettore lascia nell’urna della cabina la scheda non preferita e consegna al presidente di seggio la scheda preferita. Ma che libera espressione di voto è se consegno nelle mani del Presidente la scheda a colori o bianca?

Il presidente, constatata la chiusura della scheda, e fattala chiudere dall’elettore ove non sia chiusa, ne verifica l’identità esaminando la firma e il bollo e pone la scheda nella prima urna, collocata sulla sua destra sul tavolo dell’ufficio. Questo voluto e complicato sistema di consegna della scheda elettorale aveva di fatto un effetto inibitorio verso l’elettore, che non poteva avere una certezza assoluta sulla segretezza del voto, proprio a causa di quest’ultimo passaggio, anche se formalmente la legge sembrava garantire il voto segreto. Uno dei membri dell’ufficio accerta che l’elettore ha votato, apponendo la propria firma accanto al nome di lui nella apposita colonna della lista autenticata dalla Commissione elettorale provinciale. In questo modo risulta possibile, col passaggio precedente, associare il nome al voto. L’elettore che non riconsegna la scheda è punito con ammenda fino a lire 300.

La scheda elettorale col NO (bianca) e la scheda elettorale col SI (coi colori della bandiera italiana). Il testo all’interno delle due schede: Approvate voi la lista dei deputati designati dal Gran Consiglio Nazionale del Fascismo?

Nel frattempo, in Italia nel 1928:

Stato e Istituzioni

Sciolte le organizzazioni giovanili esterne all’Opera nazionale balilla: soppresso il movimento degli esploratori cattolici.

  • Processo del Tribunale speciale contro i membri del comitato centrale del PCd’I: 18 condannati, tra cui Terracini a 22 anni, Gramsci, M. Scoccimarro e G. Roveda a 20 anni di reclusione.
  • Viene emessa la prima condanna a morte pronunciata dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato a carico del comunista M. Della Maggiora, accusato di aver ucciso due fascisti.
  • Vittorio Emanuele III delega Mussolini a trattare con le autorità della S. Sede alla soluzione della «questione romana»; Pio XI delega allo stesso fine il cardinal P. Gasparri.

Economia e società

  • Istituito l’elenco sindacale obbligatorio dei giornalisti.
  • Uffici di collocamento posti alle dipendenze del ministero delle Corporazioni.
  • Concesse, nell’ambito della politica demografica, esenzioni tributarie alle famiglie numerose.
  • Aperto a Verona il primo grande magazzino UPIM (Unico prezzo italiano Milano).
  • Muore a Motta di Livenza, Treviso, Italo Svevo (Trieste, 1861).
  • Croce pubblica Storia d’Italia dal 1871 al 1915.
  • Saba pubblica Preludio e fughe.

Cronaca, costume, sport

  • Terremoto in Friuli: 11 morti e 40 feriti.
  • Effettuata da Nobile la seconda trasvolata del Polo Nord sul dirigibile Italia: nel corso della spedizione muore Amundsen.
  • Inaugurata l’Esposizione internazionale di Torino.
  • Milano-Sanremo vinta da Girardengo.
  • Giro d’Italia vinto da Binda.
  • Campionato di calcio vinto dal Torino.
  • IX Olimpiade (Amsterdam); l’Italia vince 19 medaglie, di cui 7 d’oro: 1 nel canottaggio (quattro con), 1 nel ciclismo (inseguimento a squadre 4000 m), 3 nel pugilato (gallo, leggeri, medi), 2 nella scherma (fioretto a squadre; spada a squadre).
  • Balocchi e profumi cantata da Gino Franzi è la canzone più ascoltata.

Balocchi e profumi (E.A. Mario, 1928)

Tutta sfolgorante è la vetrina piena di balocchi e profumi.           
Entra con la mamma la bambina, tra lo sfolgorio di quei lumi.
“Comanda, signora?”
“Cipria e colonia Coty”.
“Mamma”, mormora la bambina mentre pieni di pianto ha gli occhi,
“per la tua piccolina non compri mai balocchi,
Mamma, tu compri soltanto i profumi per te”.
Ella, nel salotto profumato, ricco di cuscini di seta,
Porge il labbro tumido al peccato
Mentre la bambina indiscreta dischiude quel nido
Pieno d’odor di Coty.
“Mamma”, mormora la bambina, mentre pieni di pianto ha gli occhi,
“per la tua piccolina, non compri mai balocchi,
Mamma, tu compri soltanto i profumi per te”.
Esile, agonizza la bambina,
Or la mamma non è più ingrata.
Corre a vuotar tutta la vetrina
Per la sua figliola malata.
“Amore mio bello, ecco i balocchi per te”.
“Grazie” mormora la bambina, vuole toccare quei balocchi,
Ma il capo già reclina e già socchiude gli occhi.
Piange la mamma, pentita, stringendola al cuor.

Mamma senza la sua bambina il capo suo reclina
triste su quei balocchi piange la mamma pentita
stringendoli al cuor

Conclusione

In democrazia la forma è sostanza. Il voto libero, uguale, segreto e le modalità tutelanti ne sono l’attestazione. Col fascismo, no. Ma allora chi controllava chi? Nel 1928 S. E. Cav. On. Benito Mussolini ricopriva le cariche di: Capo del Governo (con supremazia sui ministri), ministro dell’Interno, capo dell’unico partito. Al suo diretto comando c’era la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.

La canzone “Balocchi e profumi”, col suo drammatico finale, lasciava intendere pari finale anche per gli italiani, ma ancora, gli italiani, non lo sapevano. Almeno non tutti.

Paolo Papotti, componente della Segreteria nazionale Anpi, responsabile Formazione


Bibliografia:

  • Aquarone, L’organizzazione dello stato totalitario
  • Pavone, Storia d’Italia nel secolo ventesimo. Strumenti e fonti
  • Melis, La macchina imperfetta. Immagine e realtà dello Stato fascista