Kurt Weill (da https://josmarlopes.files.wordpress.com/2012/10/kurt-weill.jpg)
Kurt Weill (da https://josmarlopes.files.wordpress.com/2012/10/kurt-weill.jpg)

Weill merita l’attenzione di chiunque sia interessato alla storia culturale e artistica del ventesimo secolo, essendo egli testimone di un importante momento di sviluppo del pensiero moderno. Benché nessun artista viva e crei nel vuoto, distaccato dalle correnti artistiche e dai movimenti sociali della sua epoca, alcuni sembrano riflettere il loro tempo più chiaramente di altri. Douglas Jarman

 

Kurt Weill, certamente, è tra questi. Così lungimirante da mostrare con la sua musica la complessità e le trasformazioni del suo tempo, ma attuale ancora oggi, arrangiato in versioni jazz, pop, rock. Non solo. Una particolarità distingue Kurt Weill da ogni altro grande musicista, compositore, anche di talento, che abbia solcato il ventesimo secolo. Qualcosa che lo rende unico, eccezionale. Ci sono carriere che si possono suddividere in periodi: la fase giovanile delle prime sperimentazioni, la fase della crescita e quella della piena maturità. Ciò che rende straordinaria questa divisione nell’arte di Weill è il fatto che nessuna delle tre fasi sembra avere niente in comune con le altre. Come se ogni volta Weill si fosse reinventato da capo e avesse rigenerato uno stile, una scrittura musicale nuova e originale. Tre diverse carriere, in luoghi lontani e in generi musicali distinti (musica sinfonica, teatro epico, musical e cabaret, passando per i Lunchtime follies). Strade disparate che lo hanno ugualmente condotto a riconoscimenti e prestigio. Talento è dir poco. Questa versatilità, infatti, si manifesta negli anni, prima del grande risveglio delle arti nella Germania della Repubblica di Weimar, e poi in quelli più tormentati della storia d’Europa: nella Germania dell’ascesa del nazismo, nella follia dello sterminio del popolo ebreo (lui, ebreo), nell’esplosione del conflitto bellico che coinvolgerà il mondo intero, anche quell’America diventata sua seconda patria.

Un artista poliedrico che ha aperto un varco attraverso cui la musica colta, seria, impegnata, si è mescolata a quella più popolare, compromessa di quotidianità, terrena. Un artista che ha scritto sinfonie per orchestra, opere per il teatro, operette, Broadway musicals, musiche per la radio, per film, musiche per il balletto, musiche per coro, musiche da camera, per violino, per pianoforte, lieder, Berlin songs, American songs. Un genio o un mero prodotto del suo tempo?

cover-betti-weillChi è Kurt Weill?

La famiglia è di Bade, zona sud ovest della Germania e deriva le sue origini dal ceppo della comunità ebrea storicamente cresciuta sulle rive del Reno. Suo padre Albert è cantore a Dessau. In quella comunità l’arte ha una funzione formativa importante. In particolare la musica, usata durante i riti religiosi. Lo stesso Albert compone musiche per la sua sinagoga. Emma, la madre, predilige invece la scrittura. In casa, infatti, conserva una sterminata libreria. Benché Weill da adulto abbandonerà la fede ebraica ortodossa, questa formazione che riceve da bambino all’interno della comunità si rivelerà fondamentale per lo sviluppo della vocazione alla musica.

Nato a Dessau il 2 marzo del 1900, a dieci anni sa già suonare il pianoforte e compone brevi opere. Grazie al padre, che ne comprende e incoraggia il talento, Weill viene subito introdotto allo studio della teoria e della composizione da Albert Bing, il direttore della Dessau Opera House, fino a diventare studente a tempo pieno del Hochschüle fur Müsik a Berlino. Il ragazzo cresce e si rivela un fenomeno: le sue opere vengono suonate dall’orchestra della scuola, vince borse di studio prestigiose.

Giovanissimo sarà poco dopo al lavoro, come direttore dell’Opera House nella città di Ludenscheid. Cosa che gli consente di costruirsi un’esperienza diretta del teatro, ma che poco dopo lo disillude: quello che davvero Weill vuole è comporre. Tornerà a Berlino nel 1920 con un elenco di opere già scritte per partecipare alla Master Class di composizione tenuta dal compositore e pianista Ferruccio Busoni alla Berlin Academy of Art. Per mantenersi agli studi suonerà il piano nelle birrerie, la sera.

Di Busoni il suo biografo scrive che amava conoscere profondamente i suoi studenti, la loro personalità, le ambizioni. Con loro trascorre giorni interi al di fuori degli ambienti scolastici, a volte anche le notti, conversando di musica. Uno scambio continuo di idee, motivato dall’attitudine nel riconoscere e valorizzare i giovani talenti e le loro opere. Di Weill, Busoni parlerà con particolare calore e partecipazione: tra i migliori suoi studenti. Sotto la sua supervisione l’allievo comporrà la First Symphony, nel giugno 1921. Riferimenti: Schonberg, Mahler.

Scriverà, poi: il Concerto per violino, il balletto Die Zaubernacht, la Sinfonia Sacra, Quodlibet, un lavoro per voce e piano tratto dal libro di Rilke Book of Poverty and Death. Opere che, grazie anche all’intermediazione di Busoni, gli faranno ottenere un contratto, il primo, con la Universal Edition. Completerà gli studi con Busoni sette mesi prima della sua morte.

Vivere delle royalties, però, non è abbastanza. Nell’ottobre del 1923 Berlin radio station gli offre una possibilità di lavoro: Weill diventa critico musicale e teatrale. Poi anche corrispondente da Berlino per la rubrica settimanale della radio tedesca, Der Deutsche Rundfunk.

Ma è soprattutto la conoscenza di Georg Kaiser, uno dei maggiori drammaturghi del teatro tedesco, a determinare una svolta nella sua carriera: dal progetto per un’opera da questi propostagli, prenderà forma il one-act play Der Protagonist, il suo primo grande successo e prima esperienza di composizione per il teatro. Ambientato nell’Inghilterra elisabettiana il dramma mette in scena le vicissitudini del leader di una troupe di attori. La recitazione è un mezzo per proteggersi dalla realtà: la sua vita è una continua interpretazione di ruoli differenti. In un incontro con la sorella, questa lo informa di avere un amante. Il fratello, possessivo, stranamente non si offende e chiede di incontrarlo. In scena la realtà e la finzione si mescolano e qualche tempo dopo il protagonista, impegnato in una scena in cui interpreta la parte di un marito tradito, all’arrivo della sorella con il suo amante, è così coinvolto nel personaggio da uccidere la sorella pugnalandola. Chiederà di non essere arrestato prima della fine della recita perché quello è il suo ruolo più importante. Ecco la perfetta fusione tra arte e vita: nessuna differenza tra follia reale e finta. Dove sta la verità?

È nell’ambito di Der Protagonist che Weill fa la conoscenza di una giovane ballerina, Lotta Lenya. La stessa che, poco dopo, all’inizio del 1926, diventerà sua moglie oltre che sua musa e tra le migliori interpreti delle sue opere. All’anagrafe Karoline Blaumauer, figlia di un cocchiere e di una lavandaia austriaci, durante la prima guerra mondiale vive a Zurigo con una zia, dove studia balletto e teatro divenendo membro del corpo di ballo dello Stadt Theater. Snella, capelli rosso fuoco, sguardo seducente, voce dura e graffiante, si esibisce anche come cantante di cabaret.

“Lei è una terribile casalinga – dirà Weill in Meine Frau – ma una meravigliosa attrice. Non sa leggere nemmeno una nota musicale, ma quando canta è come ascoltare Caruso. […] Non tiene in nessun conto il mio lavoro (che è una delle sue migliori qualità), ma si arrabbierebbe molto se io non mostrassi interesse nel suo”.

Il contesto è quello della Berlino Anni venti, la scena artistica e intellettuale più all’avanguardia di tutta Europa, primo tentativo di attuare una democrazia liberale, ma anche il momento di tensioni e conflitti interni che culmineranno con l’ascesa del partito Nazionalsocialista. Dopo la sconfitta della guerra che lascia il popolo tedesco umiliato e sofferente per le vittime, soldati, giovani, il desiderio di pace e di stabilità da una parte, ma anche di risentimento per l’esito della guerra, si alternano. Con le rivolte di strada, l’ammutinamento dei marinai dei North sea ports, Kaiser Guglielmo II di Germania verrà costretto ad abdicare. Viene proclamata la Repubblica sotto la guida socialdemocratica di Friedrich Ebert, che governerà con l’aiuto delle armi. Nasce la Repubblica di Weimar: periodo d’oro per l’arte e la cultura, ma terreno di violenze, rivoluzioni, scioperi, scontri di strada, omicidi politici. Tra questi, quello di Karl Liebknecht e della filosofa Rosa Luxembourg.

Harry Kessler scriverà: “Gli abomini di una spietata guerra civile sono perpetuati da entrambe le parti. Traffici avvengono nei cabaret, nei bar, nei teatri, nelle sale da ballo. Berlino è diventata un incubo, un carnevale di jazz bands e crepitii di fucili” [D. Jarman, K. Weill. An illustrated biography].

Sul piano dell’arte sono gli anni di grandi affermazioni: ci sono Picasso e il cubismo, i Fauves in Francia e Die Brüke e l’espressionismo in Germania che preannunciano l’astrattismo di Kandinskij. E poi il dadaismo, Marcel Duchamp. In musica, Stravinsky. Tutte esperienze che consolidano le loro poetiche e che trovano in Germania un terreno fertile. Come scriverà Lotta Lenya: “Berlino è la più eccitante città del mondo, per tutte le arti in generale e che riguarda tutti: scrittori, pittori, scultori, architetti.” [Lotte Lenya, Conversation with Steven Paul].

Water Gropius è direttore del Bauhaus a Dessau, Fritz Lang lavora alla Universum Film AG Studios di Berlino. Al Deutsches Theater c’è Max Reinhardt, e gli architetti Mies van der Rohe ed Eric Mendellshon progettano una nuova veste per i palazzi popolari della capitale tedesca.

Questo contesto non può che influire sulla musica di Weill. Dopo la rivoluzione del 1918 è tra i partecipanti al Novembergrüppe, gruppo composto da più di cento artisti, uniti dall’intenzione di dedicarsi allo spirito della Rivoluzione, rinnovando la relazione tra le arti e il pubblico. L’idea di base è che l’arte possa costruire una società più giusta: l’arte deve rigettare il soggettivismo e il romanticismo per costruire nuovi legami con la gente. Nell’ambito musicale il pensiero dominante è che la musica debba avere una funzione sociale, di utilità, essere scritta per uno specifico bisogno (per la radio o per i film). Hindemith scriverà: “Un compositore oggi dovrebbe scrivere solo se conosce la ragione per cui sta scrivendo. I giorni del comporre per il gusto di comporre sono spariti per sempre” [Kemp Ian, Paul Hindemith].

cover-weillPer il teatro la personalità più forte è quella di Erwin Piscator, con lui il teatro diventa una forma d’arte aperta, politica e rivoluzionaria, con la missione di mostrare la realtà e condannarne gli aspetti degradanti della società. Portare tra i lavoratori la fiamma della rivolta.

“Pure art is not possible in the context of the present times. But the art which consciously serves a political cause, as long as it never compromises, will ultimately reveal itself as the only one possible and thus as pure art of our time” [Innes C.D., Erwin Piscator’s Political Theatre].

Quando Bertolt Brecht arriva a Berlino Piscator ha già una larga presa sul pubblico. La demistificazione della realtà e la sua messa in scena, intesa come condanna del degrado sociale, va di pari passo con un’idea di teatro che deve mostrare l’artificialità della rappresentazione scenica: la falsità della società deve essere palesata esattamente come l’aspetto illusorio e artificiale dell’arte e del teatro.

Quando Der protagonist va in scena allo State Opera di Dresda il 27 marzo 1925, perfettamente in tema con lo svelamento dell’artificiosità della rappresentazione, determina una svolta nella carriera di Weill e non solo: il pubblico tedesco ne riconosce l’incredibile forza. Da questo momento anche altri suoi lavori verranno messi in programma e in molti vorranno conoscere la sua musica. L’opera rivela le novità che successivamente saranno ben più esplicite nei lavori a due mani con Brecht: lo sfoltimento di un materiale musicale già scarno, la scelta di riferimenti alla musica “popular”, al jazz, al cabaret, a tutta quella musica definita “volgare”, ovvero appartenente agli strati sociali popolari, in contrapposizione a quella definita “colta”. Se le due tendenze principali della musica del Novecento sono: “da una parte – scrive Daniele Follero – lo scollamento della musica sperimentale dal pubblico, dall’altra la nascita di una musica di massa come risultato delle trasformazioni sociali”, l’alternativa di Weill si pone a metà tra le due  [http://sentireascoltare.com/rubriche/kurt-weill-perso-nelle-stelle/].

A partire dal 1927 comincerà la collaborazione con Bertolt Brecht. Le Cinque Mahagonny Songs conosciute come The Little Mahagonny, realizzate per il Baden Baden festival of German Chamber Music sono il primo banco di prova. Da qui poi prenderà il via il progetto più ampio dell’opera Ascesa e caduta della città di Mahagonny.

Mahagonny è un breve dramma epico – scrive Willett, John in The Theatre of Bertolt Brecht: A Study from Eight Aspects – che semplicemente mostra gli effetti dell’irresistibile declino delle esistenti classi sociali. Rivolto a un pubblico che va a teatro ingenuamente e per divertimento”.

Il brano Alabama Song nota anche come Whisky Bar, Moon over Alabama o Moon of Alabam, scritto per Lotte Lenya, diventerà un classico capace di dialogare con il pop rock d’autore.

Straordinarie le cover di David Bowie e dei Doors.

La scrittura delle musiche per l’Opera da tre soldi è punto di svolta non solo nel lavoro di Weill, ma in generale per il teatro musicale. È lo stesso Brecht a descrivere la novità: “l’Opera da tre soldi – dice – è il primo esempio dell’uso di una musica teatrale in accordo a un nuovo punto di vista. La sua più suggestiva innovazione risiede nella stretta separazione della musica da tutti gli altri elementi di intrattenimento. Perfino superficialmente questo è evidente nel fatto che la piccola orchestra è sistemata visibilmente sul palcoscenico. Nei momenti delle canzoni viene approntato uno speciale cambio di luci: l’orchestra è illuminata, i titoli dei vari brani sono proiettati su uno schermo sistemato dietro” [Willet John, The Tehatre of Bertold Brecht].

Tutti elementi che sottolineano la finzione teatrale e svelano l’artificiosità della messa in scena. Lo scopo è quello di rendere lo spettatore attivo, perfettamente consapevole delle falsità che sottendono a una rappresentazione come quelle che esistono nella realtà. Lo scopo del teatro, dunque, deve essere politico: educare il pubblico a una visione critica e distaccata della realtà, sulla quale formulare giudizi.

La musica, secondo Brecht, deve rifuggire da ogni possibile “effetto narcotico”, lirismo fine a se stesso. Deve essere diretta alla chiarezza dei significati politici e filosofici insiti nell’opera.

“Una musica – scriverà anche Weill – che semplicemente fornisce un commento agli eventi sulla scena, non è musica per un’opera” [David Drew, K. Weill. A handbook]. Nella nuova forma operistica che Weill e Brecht stanno elaborando la musica rifiuta la funzione di descrivere o commentare. È altro.

L’Opera da tre soldi, ispirata a The Beggar’s Opera, ossia L’opera del mendicante, nasce su testo di John Gay, poeta e drammaturgo inglese, musicata e messa in scena nel 1728. Successo senza precedenti, primo esempio di ballad opera, molto popolare ma presto proibita per il carattere satirico e per l’alternanza di canto e recitazione, modalità che consentiva una certa parodia sociale e culturale (presa in giro dei melodrammi più in voga o dei personaggi più noti). Quando Kurt Weill, alla ricerca di un nuovo soggetto su cui lavorare, la propone a Bertolt Brecht, i due si prefiggono l’obiettivo di realizzare una Zeitoper: Ovvero: “creazioni drammaturgico-musicali basate su vicende di matrice contemporanea e imperniate soprattutto su analisi sociali impietose e provocatorie”, scrivono gli autori del Dizionario dell’Opera [Ed. Baldini&Castoldi]. Quindi messa in scena delle vicende dell’uomo del ventesimo secolo e del milieu che lo circonda. Sul piano compositivo Weill utilizza melodie popolari contemporanee e songs, attingendo anche al jazz. Sul piano drammaturgico lo spettatore viene messo nella condizione di sperimentare la condizione dello straniamento, il distacco da ogni forma di coinvolgimento emotivo. Niente pathos operistico, niente arie da belcanto, ma musichette da cabaret. Liberazione dal coinvolgimento psicologico tipico del teatro borghese, sia per l’artista che per l’ascoltatore.

Tra i brani più celebri Die Moritat von Mackie Messer, La ballata di Mackie Messer, poi nota come Mack the knife qui cantata da Lotte Lenya.

Straordinaria la versione di Ella Fitzgerald che, nel live di Berlino 1960, improvvisa dopo essersi dimenticata il testo, meritando poi un Grammy Award.

O anche Kanonensong con la versione cover dei primi Litfiba.

L’opera riceve da subito un immenso successo che offre a Weill popolarità e sicurezza economica.

Nel 1929 termina la scrittura di Ascesa e caduta della città di Mahagonny, l’opera più apertamente politica e critica nei confronti della società tra quelle scritte in collaborazione con Brecht. Comincia con l’arrivo di Widow Begbick, Moses e Fatty, su un autocarro nel deserto, ricercati dalla polizia. Il camion ha avuto un guasto così questi decidono di fermarsi e di fondare una città. Una città che sarà devota al piacere: una trappola in cui far cadere gente da ogni dove. Prostitute, come la giovane Jenny, uomini dall’Alaska e dall’Est attratti dai tanti richiami. Il denaro regna sovrano. Ma presto questi piaceri si dimostrano insufficienti e uno degli abitanti, Jim, contesta le troppe regole: tutto deve essere più libero, senza leggi. Vuole andarsene, ma in quel momento è annunciato l’arrivo di un uragano. Che all’ultimo devia e lascia la città indenne. Nella gioia collettiva viene annunciata una nuova dottrina: da questo momento tutto sarà permesso e Mahagonny si abbandonerà agli eccessi più sfrenati: amore, cibo, alcol, violenza. Tutto si ritorce contro gli abitanti, però, e di quegli eccessi alcuni moriranno. Jim scommette su una sfida a duello e perde tutto. Verrà arrestato e imprigionato. In tribunale il suo caso è preceduto da quello di un omicidio in cui l’accusato offre tangenti al giudice ed è rilasciato. Jim, senza soldi, sconta la colpa più grave: incapace di pagare i propri debiti, verrà ritenuto colpevole e condannato a morte. Nella scena finale, mentre verrà ucciso, la città, ormai un Inferno in cui nessuno ha saputo rinunciare al proprio egoismo, brucia distrutta dal fuoco.

Happy End (1929), ottiene un più tiepido successo, se non per il brano Surabaya Johnny

E intanto il contesto è radicalmente cambiato. La crisi della borsa di Wall Street del 1929 getta la Germania e l’Occidente intero nella rovina. Le fabbriche cominciano a chiudere, seguono suicidi, disoccupazione. La crisi economica determina una crisi politica. Il partito nazista emerge come forza politica che si fa carico del disappunto dei tedeschi contro i costi di riparazione della guerra. Hitler comincia la sua campagna elettorale che quattro anni dopo lo porterà al potere.

Quando Ascesa e caduta della città di Mahagonny va in scena a Berlino, nel 1932, il giorno prima dello spettacolo la stampa nazista lancia una violenta campagna contro Weill: Weill – si scrive – è stato già abbastanza svergognato ad offrire ai tedeschi l’Opera da tre soldi e altri lavori inferiori. “Questo ebreo. – aggiungono sul Volkischer Beobachter – […] È inconcepibile che un compositore che produce opere completamente anti-tedesche debba ancora avere l’opportunità di apparire in un teatro sostenuto dalle tasse dei cittadini tedeschi” [D. Jarman, K. Weill. An illustrated biography]

La successiva opera in programma Die Burgschaft non verrà prodotta, Weill diventerà un pericolo per qualsiasi associazione musicale. Quando il direttore dello State Opera verrà licenziato si darà la colpa al suo progetto di mettere in scena quell’opera. Altri funzionari saranno sollevati dai loro incarichi, Brecher direttore della prima di Mahagonny a Leipzig sparerà a sua moglie e poi si suiciderà.

Silbersee è l’ultimo dramma che Weill scrive in Germania. Dopo l’incendio al Palazzo dei Reichstag a Berlino, il 7 gennaio 1933, evento che segna la definitiva ascesa del nazismo, in molti abbandonano il Paese. I Weill arrivano a Parigi il 23 marzo 1933. Lui è già molto conosciuto e i suoi lavori vengono rappresentati. Qui comincerà a scrivere The way of the promise, con la collaborazione di Max Reinhardt sul tema del destino degli ebrei. Weill si è da tempo discostato dalla religione ortodossa, ma la persecuzione degli ebrei di cui è stato testimone e di cui ha sofferto lo portano a riflettere sulle sue radici. Così torna a studiare la musica della sua infanzia per trarre ispirazione e lavorerà alla nuova opera fino al 1935. La prima andrà in scena nel mese di settembre del 1936 a New York, Manhattan Opera, America.

La sua musica lì non è molto conosciuta e la reputazione dall’Europa non è un bel biglietto da visita, ma diversi compositori e musicisti lo apprezzano, tra questi George Gershwin che lo inviterà alla prima di Porgy and Bess. Compagnie teatrali di sinistra come il Group Theatre di New York lo accolgono favorevolmente e gli commissionano lavori, come Johnny Johnson. L’America diventerà la sua nuova patria: nel 1937 Weill decide di diventare cittadino americano e qui scriverà alcuni dei suoi maggiori successi. Knickerbocher’s Holiday, su libretto di Maxwell Anderson, in scena a Broadway è un’opera che condanna i metodi fascisti che stanno prendendo piede in Europa. Per il personaggio di Peter Stuyvesant, interpretato da Walter Huston, scriverà September Song, qui interpretata da Lotte Lenya

e poi cantata dalle più belle voci di tutti i tempi: Ute Lemper, Sarah Vaughan, Billie Holiday, Ella Fitzgerald, Frank Sinatra e John Denver.

Seguirà un periodo di crisi. Che investe Weill e l’Europa intera. Dopo l’annessione dell’Austria e della Cecoslovacchia nel 1939 Hitler dà il via all’invasione della Polonia. Inghilterra e Francia gli dichiarano guerra il 3 settembre 1939. Nel giugno 1942 la Norvegia, la Danimarca, la Francia, l’Olanda, il Belgio e il Lussemburgo cadono sotto le armi tedesche. La Germania e l’Europa di un tempo non esistono più. Weill non scriverà quasi nulla.

Solo due anni più tardi si mette al lavoro per Lady in the dark con la collaborazione di George Gershwin. Non potrà che essere un successo: l’opera di apertura dell’Alvin Theatre di New York nel gennaio 1941. La Paramount ne farà un film con Ginger Rogers e Ray Millan diretto da Mitchell Leisen: il trionfo del ballo.

Ma nel dicembre 1941, a seguito dell’attacco giapponese a Pearl Harbor anche l’America entra in guerra e da questo momento Weill si dedica alla produzione di spettacoli per i lavoratori delle fabbriche, i Lunchtime follies che vengono eseguiti durante le pause dal lavoro. Gli spettacoli comprendono canzoni, numeri di ballo, sketches recitati, alcuni narrano storie di guerra. Weill scriverà poi una serie di brani ispirati a quel tipo di spettacolo, direttamente a contatto con il pubblico. Tra questi: Song of the Free, Recitations, Walt Whitman Songs. Il nuovo musical One touch of Venus, storia assurda e parodia dell’amore diventerà l’opera di Weill più eseguita a Broadway. Qui nella versione cinematografica con Ava Garder nel brano Speak Low.

Altro capolavoro è Down in the Valley, il primo di una serie di opere folk commissionategli da una radio commerciale. Semplice sia nell’aspetto musicale che in quello narrativo, mescola vari elementi dello show americano: lo square-dance, il barn-dance, le folksongs, la musica di chiesa. Il tutto per raccontare la storia di Brack Weaver che, condannato a morte, fugge dalla prigione per ricongiungersi con la sua fidanzata.

Tra gli ultimi lavori: Street Scene, del 1946, il musical Love life, 1948 con il celebre brano Economics,

Lost in the stars, 1949, qui interpretata da Lotte Lenya

e poi da Sarah Vaughan.

Alla fine del marzo 1950 Weill viene colpito da un attacco di cuore e ricoverato al Flowers Hospital di New York. Morirà il 3 aprile. Ancora nel pieno di una miriade di progetti per musicals, opere, canzoni.

Di Kurt Weill resta un’immagine sfaccettata, composta di grandi e piccoli tasselli, numerosi e diversi come quelli di un puzzle. Lo spiega David Drew in Kurt Weill. A handbook: per alcuni Weill è paragonabile ai grandi autori della musica d’orchestra come Hindemith, per altri è un semplice compositore tedesco che ha smarrito la voce originaria una volta arrivato in America. Oppure è un compositore di Broadway che qualcuno ha indotto a scrivere capolavori come l’Opera da tre soldi durante un’oscura e mal spesa giovinezza berlinese. Chi lo vede come lo scribacchino del talentuoso Bertold Brecht. Chi come il compositore di opere da teatro. Oppure solo di brani per orchestra, o di canzonette.

Per lungo tempo poco apprezzato come artista colto per le infiltrazioni popular delle sue opere: “Quando ha accettato di musicare una serie di canzoni semplici, con testi anche banali – scrive David Drew in K. Weill. A handbook – ha operato un coraggioso taglio con il pregiudizio che la massa dei compositori seri testardamente tiene in conto”.

Straordinariamente all’avanguardia, invece, ha aperto strade fino ad allora poco battute, consentendo a tutti di accedere a una musica, non colta o popolare, ma di qualità. Occorre, dunque, rivalutare l’eccezionalità di una mente così fervida in tutte le fasi della sua carriera. Riflettere su quanta sua musica sia ancora da ascoltare e divulgare. Su quanto sia necessario riscoprirne la personalità: un uomo che ha sempre ritenuto fondamentale il valore della democrazia, che ha vissuto con consapevolezza le tragedie e le follie del suo tempo e le ha sapute raccontare. Un artista che non ha avuto paura di stravolgere i canoni, di fondere generi e stili musicali diversi in un intreccio che appare tuttora seducente. Di uscire dagli schemi e di inventare un mondo sonoro inedito, sorprendente e alla portata di tutti.

Chiara Ferrari, coautrice del documentario Cantacronache, 1958-1962. Politica e protesta in musica, autrice di Politica e protesta in musica. Da Cantacronache a Ivano Fossati, edizioni Unicopli