Un impegno mantenuto e quanto mai attuale. È l’appello, oggi reso pubblico, a unirsi per salvare l’Italia, cioè per cambiare l’Italia. Un’alleanza, una rete, forse – meglio – una ragnatela che vorremmo si diffondesse ovunque, perché è la cosa giusta nel momento giusto. Un momento, cioè, di ordinaria (o straordinaria?) follia nella vicenda nazionale, quando cioè si apre una crisi di governo al buio a fronte di una crisi sanitaria, sociale ed economica di dimensioni mai viste dal secondo dopoguerra.

Davanti ad una rottura che appare ai più – e noi con loro – semplicemente incomprensibile, si leva una comune voce da parte di movimenti resistenziali, associazioni, organizzazioni studentesche, sindacati, formazioni politiche che rappresentano nel loro insieme una parte fondamentale del Paese. Una voce positiva e propositiva che mette a valore e priorità la persona, il lavoro, la socialità: “questo è il messaggio che intendiamo portare ovunque sul territorio, affinché si trasformi in un’inedita, pacifica e potente mobilitazione generale”. Insomma, in un momento così grave, guai agli indifferenti! Riconquistiamoci il diritto/dovere costituzionale della partecipazione democratica come necessità civile e sociale, perché dal seme della presenza attiva deve nascere l’albero della rinascita, “affinché l’Italia del dopo Covid non sia la restaurazione dei vecchi e fallimentari modelli economici e valoriali, ma si avvii verso il cambiamento sulla strada tracciata dalla Costituzione”.

Tutto era nato il 4 dicembre, quando gli organismi firmatari di questo appello condivisero la drammaticità della situazione italiana e l’urgenza di un’iniziativa comune. Ma quel 4 dicembre non ci si limitò a porre le basi dell’appello o a rappresentare una pur opportuna comunanza di vedute, bensì si affermò che occorreva trasferire questa idea ovunque, mobilitando l’innumerevole insieme di formazioni sociali che costituiscono il cuore pulsante della democrazia italiana. Se c’è un’Italia migliore, profondamente responsabile – e c’è –, ebbene, è questa, e non si può limitare a un insieme comunque autorevole ma limitato di organismi nazionali perché si estende sul territorio del Paese come il respiro di un gigante buono, un leviatano capovolto, formato da persone in carne ed ossa, impegnate nella cultura, nell’informazione, nelle arti e nella scienza, nella società, nell’economia, fra i giovani, le donne, i lavoratori. Un mondo che propende verso il volontariato e la solidarietà. Chiamiamoli, se vogliamo, i volontari della democrazia.

Gianfranco Pagliarulo

E allora è rivolto a tutti (e a tutte) l’appello che questa mattina abbiamo lanciato in una così ampia e gradita comunione di forze. Non solo: auspichiamo fortemente l’adesione di singole personalità del mondo della cultura, dell’arte, della scienza, della società civile; vorremmo che questo appello diventasse una sorta di grande bandiera popolare, perché esso tanto più potrà incidere nella situazione nazionale, quanto più sarà concretamente raccolto dal basso, come si diceva una volta, per diventare così, via via, volontà del popolo. Popolo: quante volte abbiamo ascoltato negli ultimi anni, e non sempre a proposito, questa parola! Perché – non nascondiamocelo – c’è chi immagina il popolo come una comunità chiusa e arroccata, che vede nell’altro sempre e comunque il nemico, nel diverso da sé qualcosa di innaturale, se non di diabolico; c’è chi immagina di avere con questo popolo astratto e inverosimile un rapporto diretto, che sormonta e annichilisce proprio quella gigantesca rete di associazioni che lo rappresentano e si propone al “popolo” come l’unico suo legittimo rappresentante; insomma la moderna incarnazione dell’Uomo Forte, dimenticando il sanguinoso passato novecentesco segnato proprio dalla prosopopea dell’ “uomo solo al comando” ed anche – a ben pensare – il presente recentissimo, dove l’Uomo Forte americano (evidentemente troppo forte) ha messo in scacco la comunità nazionale con l’incredibile assalto di Capitol Hill. C’è chi poi, come noi, ha un’idea opposta del popolo, un’idea propriamente costituzionale, ove il popolo è una comunità aperta e ricca di fruttifere contraddizioni al suo interno, formata da persone e non da individui isolati, organizzata in mille liberi modi, propositrice di mille libere idee, portatrice di mille libere esperienze. Insomma, il popolo della Costituzione.

Ma il momento in cui lanciamo questo appello è davvero singolare: quando si fa saltare un governo mentre l’Italia conta centinaia e centinaia di morti ogni giorno, quando si fa della lacerazione una sorta di bibbia della politica e della politica stessa una specie di autoscontro anziché la costante ricerca del confronto per conquistare comuni obiettivi, proprio in questo momento alziamo in tanti e diversi una voce unica e univoca perché si cambi passo – finalmente – nella politica e nell’economia per salvare e salvaguardare il più importante bene comune che esiste – a ben vedere – al mondo, e cioè le persone, le donne e gli uomini viventi, perché la vita umana, nella sostanza, è il più grande valore in cui tutti ci riconosciamo.

Sia chiaro: su questo governo si possono legittimamente avere idee diverse e contrastanti. E senz’altro, d’altra parte, il governo può aver sbagliato in questo, quello, quell’altro e quell’altro ancora. Ed è giusto, nell’agone della politica, correggere il tiro, migliorare, superarsi. Né, d’altra parte, l’Anpi è iscritta nell’albo dei supporter di questo o di un qualsiasi governo. Ma il punto è un altro, e cioè il senso di una crisi durante una pandemia mortale e mondiale e durante un crollo del Pil mai visto dai tempi della guerra. Alzi la mano chi ha capito con esattezza la ragione della crisi, a meno che qualcuno davvero non pensi davvero che questo governo si muova sulla strada della “dittatura sanitaria” o qualcosa del genere. Lasciamo queste amenità alla propaganda fascio-negazionista e torniamo sulla terra.

Peraltro la sconcertante situazione attuale è un colpo alla credibilità europea del Paese. Ma insomma, tutti diciamo che l’Unione Europea deve cambiare passo, che occorre un surplus di partecipazione popolare alla sua costruzione, che l’austerità degli anni scorsi ha causato danni gravissimi sul piano continentale. Tutti riconosciamo i grandi passi avanti compiuti dall’Europa anche grazie alla scelta del Recovery Fund, che è anche merito – riconosciamolo – di questo governo. Con quale autorevolezza possiamo rivendicare l’urgenza di nuovi traguardi sociali, politici ed economici dell’UE a fronte di una crisi che la stampa estera denuncia come la cosa sbagliata nel momento sbagliato? Con quale credibilità potremmo reggere una eventuale nuova offensiva dei Paesi cosiddetti “frugali” che già si opposero agli stanziamenti europei in particolare al nostro Paese?

Lasciamo alla saggezza del Quirinale la ricerca della via d’uscita dal buio della crisi riconoscendoci nel suo appello per “uscire velocemente da una condizioni d’incertezza vista l’allarmante situazione causata dalla pandemia” in quanto – ci permettiamo di aggiungere – c’è bisogno di un governo che continui a governare perché qui ed ora si decide il presente e il futuro democratico dell’Italia.

Ebbene, in questa situazione l’appello “di associazioni, movimenti, partiti, sindacati” sotto il titolo “Uniamoci per salvare l’Italia” si conferma a maggior ragione non solo la scelta giusta, ma, a ben vedere, l’unica scelta ragionevole che è ben sintetizzata nelle sue prime righe: “Per sconfiggere la pandemia, ricostruire il Paese, promuovere una democrazia più ampia e più forte, urge l’impegno delle forze migliori della società. Cambiare per rinascere, ricomporre ciò che è disperso, unire ciò che è diviso, donare vicinanza dove c’è solitudine, vincere la paura costruendo fiducia”.

Costruendo fiducia: viviamo oramai da un anno, sostanzialmente in tutto il mondo, una situazione di angoscia, di attesa, di incertezza. Nessuno può sapere quando e come terminerà questo periodo orribile e luttuoso. Ebbene noi, come tutti i firmatari dell’appello, ci proponiamo come costruttori di fiducia e ci permettiamo di portare una parola di unità, di partecipazione, di cambiamento perché l’Italia di domani non sia più – certo – l’Italia di oggi, ma neppure l’Italia di ieri. Siamo potenzialmente una forza davvero grande perché sappiamo che ci muoviamo su di una lunghezza d’onda condivisa da tanta parte di un’umanità sofferente e bisognosa di cura. Nessuno si salva da solo, come ha detto Papa Francesco. Adesso spetta a noi operare di conseguenza su tutto il territorio nazionale. Nessuno sa quando sorgerà l’alba dopo una così lunga notte. Ma tutti sappiamo che prima o poi sorgerà.