La notte del 23 agosto del 1923, ad Argenta in provincia di Ferrara, fu commesso un omicidio, a bastonate. Il susseguirsi di telegrammi, manifesti e volantini ci introducono al fatto.

“Questa notte Arciprete Argenta Minzoni cappellano militare medaglia argento proditoriamente ammazzato. Feroce soppressione sacerdote universalmente apprezzato per azione parrocchiale e civica largamente benefica, disinteressata, patriottica, suscitato città e diocesi commozione vivissima. Gravità caso imponemi segnalare V. E. necessità urgenti provvedimenti contro colpevoli sacrilego efferato omicidio”. Questo è il testo del telegramma, inviato dall’arcivescovo di Ravenna (Argenta come diocesi apparteneva a Ravenna), Antonio Lega al Presidente del Consiglio dei Ministri on. Mussolini.

Il fiduciario politico del fascio ferrarese s’affrettò a far pervenire al suddetto arcivescovo le condoglianze di S. E. on. Balbo e l’assicurazione che l’autorità giudiziaria sarebbe stata messa a disposizione per rintracciare i colpevoli. Aggiunge inoltre: “Eccellenza, mentre porgo e personalmente e a nome del fascismo ferrarese le più vive e sentite condoglianze per la tragica fine del valoroso e compianto Arciprete d’Argenta don Giovanni Minzoni, esprimo la condanna degli sciagurati che mi auguro presto assicurati alla giustizia, sciagurati che nulla hanno in comune con noi, se anche celati nelle nostre file”.

Venne affisso, inoltre, il seguente manifesto. “Cittadini, fascisti! Don Giovanni Minzoni è stato ucciso per un efferato delitto o per una tragica conseguenza preterintenzionale?” E continua: “Cittadini, fascisti! Alla memoria di don Minzoni che pur fu un coraggioso avversario noi diamo il tributo del nostro cordoglio”.

L’arrogante ufficialità delle ipocrisie fasciste non scappò agli occhi e soprattutto alla mente di chi fu vicino al sacerdote. Nella notte, dagli esploratori cattolici e dai giovani popolari, furono strappati i manifesti fascisti. Il giorno dopo fu distribuito un foglietto dattiloscritto, in cui tra l’altro, emerge: “…la famiglia dell’Ucciso ha espresso vivamente il desiderio che i Fasci non siano rappresentati ai funerali…”.

Quando si ammazza una persona, non si ammazza solo l’uomo, ma quello che rappresenta. Don Giovanni Minzoni, dopo la Prima guerra mondiale in cui opera come cappellano militare, poi medagliato, ritorna ad Argenta come arciprete. Ma non è un sacerdote come gli altri. Interpreta il clima storico, politico e sociale non solo attraverso la sua fede, ma opera nel concreto di quel contesto sociale, ponendosi due obiettivi: l’organizzazione educativa dei ragazzi, di cui sono testimonianza le sue realizzazioni di quegli anni – il doposcuola, la biblioteca circolante, il teatro parrocchiale, i circoli maschile e femminile, le due sezioni scout – e quella sociale dei lavoratori, tesa a diffondere la pratica cooperativistica di ispirazione cattolica sia tra i braccianti sia tra le operaie del laboratorio di maglieria. In una terra in cui trionfavano le sinistre che rappresentavano braccianti e operai, roccaforte dei socialisti, il clero non era visto di buon occhio.

Ma Don Minzoni riuscì a farsi accettare, anzi a farsi apprezzare da tutti, anche dai più ostili. Nella quotidianità – raccontano le tradizioni orali – il parroco giocava coi ragazzi a calcio, andava al bar in bicicletta a bere una birra e a partecipare a qualche partita a carte. Era un religioso che applicava sino in fondo la parola evangelica, ascoltando, confortando e aiutando tutti, senza distinzione di credo. Spostò l’attenzione dall’aspetto solo mistico della religione a quello concreto, attivo, impegnato nella società. Un sacerdote che esce dall’immutabilità del ruolo, per incarnarsi nella società. Diventò uno del popolo. Il suo “stare” tra la gente comune, anche tra i socialisti coi quali si confrontava, iniziò ad infastidire i fascisti i quali, “per metodo”, cominciano a minacciarlo. Ma don Giovanni Minzoni non si tira indietro, ci mette la faccia. Nel 1921, dopo l’uccisione di Natale Gaiba, sindacalista socialista, consigliere comunale e amico, per mano di squadristi del luogo, il parroco tenne un discorso di forte denuncia. Fu la prima aperta rottura con il fascio locale. A provocare ulteriormente l’ira dei fascisti fu il successo dell’Associazione dei Giovani Esploratori Cattolici, sorta anche ad Argenta, grazie al religioso.

L’8 luglio 1923, l’assistente ecclesiastico regionale dell’ASCI (Associazione Scout Cattolici Italiani), don Emilio Faggioli fu invitato nel teatro parrocchiale di Argenta a tenere una conferenza sulla validità educativa dello scautismo. “Attraverso questo tirocinio e disciplina della volontà e del corpo”, affermò don Faggioli, “noi intendiamo formare degli uomini di carattere”. Dalla galleria lo interruppe allora il segretario del fascio di Argenta: “C’è già Mussolini…!”. Monsignor Faggioli riprese il suo intervento spiegando all’uditorio che lo scoutismo agisce sopra e al di fuori delle fazioni politiche. “Vedrete da oggi lungo le vostre strade i giovani esploratori col largo cappello e il giglio sopra il cuore. Guardate con simpatia questi ragazzi che percorreranno cantando la larga piazza d’Argenta.” “In piazza non verranno!” esclamò ancora il segretario del fascio. Gli rispose allora don Minzoni stesso: “Finché c’è don Giovanni, verranno anche in piazza!”. L’applauso dei giovani troncò il dialogo.

Don Giovanni Minzoni fu ucciso a bastonate la sera del 23 agosto 1923 mentre rientrava a casa. Uccisero, dunque, un uomo, un sacerdote che esprimeva il suo pensiero e che agiva contrario ad ogni forma di servilismo, di malafede e di violenza.

Un antifascista, ucciso da criminali appartenenti alla criminalità organizzata che si chiama squadrismo, pagata dallo Stato e che opera in funzione di un partito (come dimostrato nel precedente articolo “Promemoria 4”). Con questa uccisione il fascismo, che ancora non è regime, inaugura quella sequenza di vittime che sono gli avversari che pensano. Ovvero elementi dannosi al fascismo.

Nel frattempo, in Italia nel 1923

Stato e istituzioni

  • arrestato a Torino Piero Gobetti
  • arrestati a Roma Amedeo Bordiga e quasi tutti i membri del comitato centrale del PCd’I: al processo gli imputati sono assolti
  • fusione fra PNF e Associazione nazionalista italiana
  • arrestato a Milano Giacinto Menotti Serrati
  • IV congresso del PPI a Torino: prevale la tesi della disponibilità a una collaborazione «condizionata» con il governo. Don Luigi Sturzo è confermato segretario del partito
  • XX congresso PSI a Milano: confermata la maggioranza massimalista. Respinta la proposta di fusione tra PSI e PCd’I ma confermata l’adesione all’Internazionale comunista
  • il ministro del Lavoro e della previdenza sociale Stefano Cavazzoni e alcuni sottosegretari popolari si dimettono dal governo: non termina tuttavia la collaborazione del PPI con il governo Mussolini
  • riforma di Giovanni Gentile della scuola
  • dimissioni di don Luigi Sturzo da segretario del PPI
  • restrizione della libertà di stampa: ai prefetti facoltà di diffida e rimozione del gerente di giornale
  • occupazione di Corfù da parte delle truppe italiane, in esecuzione dell’ultimatum di Benito Mussolini alla Grecia seguito all’imboscata in cui erano morti 4 militari italiani in missione su mandato delle potenze alleate. Condanna della Società delle nazioni e minaccia di ritiro dell’Italia dalla Società delle Nazioni. Isola evacuata il 27 settembre
  • arrestati Palmiro Togliatti, Angelo Tasca, Giuseppe Vota, Alfonso Leonetti e Mario Montagnana, membri del comitato esecutivo del PCd’I: sono liberati dopo 3 mesi di carcere
  • approvata la legge Acerbo: riforma elettorale in senso maggioritario fortemente manipolato
  • sospesa la pubblicazione di numerosi giornali “per motivi di ordine pubblico”
  • uccisi a Torino dai fascisti una ventina di avversari politici; devastate sedi e giornali d’opposizione
  • aggressione fascista a Roma contro Giovanni Amendola

Economia e società

  • riordino dei ruoli del personale impiegatizio pubblico: dipendenti delle ferrovie ridotti da 226.000 a 190.000
  • salvataggio dell’Ansaldo, in dissesto: la società è smembrata, numerose attività sono poste in liquidazione. Le officine sono cedute ad una nuova società con la stessa denominazione; altre aziende (minerarie, siderurgiche, idroelettriche, marittime) rimangono sotto il controllo dello Stato
  • salvataggio del Banco di Roma in dissesto: è costituita la Società finanziaria per l’industria e il commercio, cui sono cedute partecipazioni industriali del Banco
  • incontro di Benito Mussolini con i dirigenti della CGdL allo scopo di avviare un patto di unità sindacale con le corporazioni fasciste e di sganciare il sindacato dal riformismo socialista
  • il comitato direttivo della CGdL assume una linea possibilista in relazione al dialogo avviato con il governo
  • Confindustria e Confederazione delle corporazioni fasciste sottoscrivono un patto volto “ad armonizzare la propria azione con le direttive del governo nazionale”

Cronaca, costume, sport

  • edita la rivista “La nuova politica liberale”: tra i collaboratori Giovanni Gentile e Lombardo Radice
  • edito a Roma il primo numero del quotidiano cattolico Il Popolo, vicino alle tesi di don Luigi Sturzo e diretto da Giuseppe Donati
  • edito il primo numero del quindicinale Critica fascista, diretto da Giuseppe Bottai
  • edito a Milano il settimanale comunista Lo Stato operaio, diretto da Palmiro Togliatti
  • costituito il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR)
  • Piero Gobetti pubblica “La frusta teatrale”
  • Italo Svevo pubblica “La coscienza di Zeno”
  • Milano-Sanremo e Giro d’Italia di ciclismo vinti da Costante Girardengo
  • campionato di calcio vinto dal Genoa
  • Gran premio automobilistico d’Italia vinto a Monza da Carlo Salamano su Fiat

Conclusione

Il fascio ferrarese nel telegramma scrive “sciagurati che nulla hanno in comune con noi, se anche celati nelle nostre file” e affigge nei manifesti: “don Minzoni che pur fu un coraggioso avversario”. Dichiarazioni che rappresentano ammissioni politiche, storiche e morali, anche se non hanno avuto esito processuale con condanne. Fra processi farsa, i cui esiti si iscrivono alla “giurisprudenza fascista” del “me ne frego” e silenzi delle autorità religiose, bisognerà aspettare il 1947 perché il processo venga rifatto e i responsabili condannati, col reato ormai caduto in prescrizione.

La prima commemorazione venne celebrata nel 1973.

Il 2 ottobre 1983 Sandro Pertini, allora Presidente della Repubblica, pronunciò le seguenti parole: “Nella figura di don Giovanni Minzoni si riassume il meglio delle tradizioni ideali e politiche nelle quali il movimento cattolico italiano affonda le sue stesse radici genuinamente popolari. Con la sua stessa vita, Don Minzoni testimoniò, in perfetta aderenza all’insegnamento evangelico e in profonda lealtà alla propria missione di pastore, la fede democratica e l’ansia di giustizia che ispirava i lavoratori cristiani, che ne saldava l’animosa resistenza alla lotta che l’intero movimento antifascista andava opponendo all’incombente tirannide”.

Sempre nel 1983, l’allora papa Giovanni Paolo II scriveva: Don Minzoni morì “vittima scelta” di una violenza cieca e brutale, ma il senso radicale di quella immolazione supera di gran lunga la semplice volontà di opposizione ad un regime oppressivo, e si colloca sul piano della fede cristiana. Fu il suo fascino spirituale, esercitato sulla popolazione, sulle forze del lavoro ed in particolare sui giovani, a provocare l’aggressione, si volle stroncare soprattutto la sua azione educativa diretta a formare la gioventù per prepararla nel contempo ad una solida vita cristiana e ad un conseguente impiego per la trasformazione della società. Per questo gli Esploratori Cattolici sono a lui debitori”.

Paolo Papotti, componente della Segreteria nazionale Anpi, responsabile Formazione


Bibliografia:

  • Pavone, “Storia d’Italia nel secolo ventesimo. Strumenti e fonti”;
  • Tedeschi,” Don Minzoni: il prete ucciso dai fascisti”;
  • Don L. Bedeschi, “Diario di Don Minzoni”;
  • Aquarone, L’organizzazione dello stato totalitario;
  • Melis, La macchina imperfetta. Immagine e realtà dello Stato fascista
  • Franzinelli, Squadristi;
  • Temellini, articolo in InStoria N. 92 – agosto 2015;
  • Don Gandolfi, articolo in L’Esploratore, ASCI, ottobre 1973.

Per approfondire:

Filmografia:

  • “Delitto di regime – Il caso Don Minzoni”, sceneggiato televisivo diretto da L. Castellani (1973)
  • “Oltre la bufera”, diretto da M. Cassini (2019). Leggi su Patria “Don Minzoni, il film