E sono 75. Buon compleanno, ragazza! Nascesti nel giugno di allora, cara Anpi. E buon compleanno alle partigiane e ai partigiani, i sopravvissuti, che ancora sono testimonianza della stagione di dignità, di dolore e di amore che ci consentì di rinascere. Resistenza e Liberazione. Due parole calde, che si è cercato e si cerca di offuscare, oggi più di ieri, nel clima di solitudine e di torbido declino che avvolge il nostro Paese.

E buon compleanno a tutte e tutti coloro che di questa Anpi fanno parte in una ininterrotta catena di generazioni e di ricordo che si autoalimenta e diventa memoria attiva, che dal passato assume l’energia per il presente e consente di disegnare un orizzonte, cioè un futuro, nel tempo in cui il futuro sembra che non ci sia più, trafugato da un’economia amorale e da una politica travolta e stravolta dal demagogo dell’urlo e dal vuoto ciarlatano del socialnetwork.

E buon compleanno a chi legge questo periodico, al grande popolo antifascista a cui si rivolge, che, indipendentemente dal suo voto alle politiche o alle europee, sa che questa repubblica va difesa ad ogni costo, perché dietro l’angolo – e l’angolo è molto vicino – si nascondono le belve della notte della democrazia, gli esecutori testamentari delle leggi razziali, i tardi epigoni degli accoltellatori squadristi, i complessati apologeti della sottomissione femminile, gli odiatori di chiunque sia diverso da sé. I fascisti ci sono ancora.

75 anni di memoria, di ricerca e di battaglie. Ed oggi a questa memoria l’Associazione dei partigiani intende dedicare un particolarissimo palmares: un archivio pubblico con le interviste e le video testimonianze delle partigiane e dei partigiani viventi. Il progetto, ideato dai giornalisti Gad Lerner e Laura Gnocchi, promosso dalla Presidenza nazionale Anpi, sostenuto dallo Spi Cgil, si completerà nel giro di un paio d’anni. Uno scrigno vivente.

75 anni – cara ragazza – di corsa. Una storia nella storia d’Italia, una storia che diviene anch’essa storia d’Italia. E l’Anpi è sempre quella, alimentata da una tranquilla e robusta struttura di valori, impoverita dalla fisiologica scomparsa di tanti combattenti per la libertà ma innervata e innovata da nuove generazioni e dal loro sentimento intelligente. Certo, cambia il Paese. Non più certo il tempo delle brigate e delle divisioni partigiane. Ma neppure quello di Scelba, o di Tambroni, o dell’autunno caldo, o delle stragi neofasciste, o del terrorismo. E neanche quello di Craxi e Berlinguer, né quello di Berlusconi o dei successivi governi di centrosinistra. Un tempo nuovo, inquietante, che alcuni chiamano postdemocrazia, cioè una via ignota e oscura che staremmo già percorrendo.

Il tempo della digos che, con sprezzo del ridicolo, sequestra e mette all’indice lenzuola e striscioni; il tempo del decreto sicurezza bis, per cui ti puniscono se soccorri in mare un migrante, ma se invece sei un turista o un italiano no; il tempo in cui alla Rai Tv sovranistizzata danno diritto di parola all’amico del mafioso che offende e uccide ancora Falcone e Borsellino; il tempo in cui attivisti della Lega vittoriosa a Ferrara ne espongono festanti la bandiera che copre lo striscione “Verità per Giulio Regeni”.

A Cremona qualche giorno fa durante un comizio di Salvini un gruppo di aspiranti squadristi ha picchiato con calci, spintoni e schiaffi un giovane che indossava una sciarpa con la scritta “ama il prossimo tuo come te stesso”; al che il ministro ha esclamato: “Un applauso al solito comunista, perché se non c’è un comunista ai giardinetti non ci divertiamo”. A parte la confusione mentale di un ministro che scambia Gesù Cristo con Carlo Marx, a parte la sindrome di onnipotenza che obnubila qualsiasi ragionevolezza sommersa da strali di sarcasmo, superbia e vanità, rimane l’intollerabile comportamento di un uomo istituzionalmente responsabile della sicurezza di tutti i cittadini (compreso quel povero ragazzo), che, invece di difendere e tutelare la vittima di un’aggressione, com’era suo preciso ed inequivocabile dovere, lo irride e lo provoca. Di tali comportamenti sarebbe bene che l’uomo risponda al più presto in Parlamento. Ha proprio ragione Luigi Manconi quando scrive che ogni giorno stiamo perdendo un frammento di libertà.

Ecco perché l’Anpi deve difendere e salvaguardare più di ieri le libertà incrinate per rispondere appieno alla sua missione che è fra l’altro, come si legge nel suo statuto, “concorrere alla piena attuazione, nelle leggi e nel costume, della Costituzione Italiana, frutto della Guerra di Liberazione, in assoluta fedeltà allo spirito che ne ha dettato gli articoli”.

Anni in prima linea questi ultimi per l’Anpi, nel pieno di uno sconvolgimento politico, sociale e civile mai visto prima da quel liberatorio 25 aprile. Nell’ultimo 25 aprile l’anima dell’Anpi si incarnava in due parole, modello di vita e programma di società: nessuno escluso. Nella campagna d’iscrizione all’Associazione il suo appello era: l’umanità al potere. Così, sventolando bandiere della memoria, richiamando radici della Costituzione, appellandosi ad una inedita alleanza democratica e antifascista, l’Anpi in questi ultimi due anni ha contribuito a costruire il reticolo della difesa della civiltà: quello stare insieme accomunati e consapevoli tenendosi per mano nel buio e riconquistando la luce.

Una chiamata.

Il comitato nazionale unitario di 23 associazioni e organizzazioni, le mille iniziative sul territorio, la raccolta di centinaia di migliaia di firme contro fascismi e razzismi, la impressionante manifestazione di piazza del Popolo del 24 febbraio, i ripetuti incontri con altre forze antifasciste di tanti Paesi europei, l’appello al voto antifascista.

Una chiamata.

Ma non basta ancora. C’è un’Italia migliore, ampia, probabilmente maggioritaria, in parte delusa, spaesata, ferita; c’è nelle persone, nella società, nella cultura, nelle istituzioni. C’è persino nella politica: chi oggi distingue, divide, polemizza, non vede dietro l’angolo le belve della notte della democrazia. In tutt’altro contesto e situazione, nel 1943, la risposta fu un acronimo prima d’allora sconosciuto: CLN. E il Comitato di Liberazione Nazionale accolse e raccolse tutti. Anche i monarchici. Se ce c’è un rischio per la Costituzione e le libertà, c’è un rischio per gli italiani in quanto cittadini, lavoratori, persone, e con loro per i diritti umani.

Compiti immani non solo per l’Anpi; per tutte le forze di ogni genere che si riconoscono nella parola democrazia, perché è finito il tempo degli indifferenti. Compiti immani a cui siamo chiamati. I nostri compiti.

Buon compleanno, cara ragazza!

(Nella foto di copertina: la partigiana Walchiria Terradura)