Questo è il secondo di due articoli in cui si riassume il coinvolgimento dell’estrema destra nel conflitto russo-ucraino. La prima parte – “Di qua e di là del fronte, i gruppi armati neonazisti di Ucraina e di Russia” – è apparsa ad aprile 2022.
La guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina è stata, come non di rado accade coi conflitti fra nazioni, anche un elemento che ha fatto emergere le contraddizioni in seno agli ultranazionalismi. Pensando le nazioni come contenitori omogenei di popoli legati da un comune destino l’estrema destra si è ritrovata dunque a dover scegliere una parte, inciampando inevitabilmente nella complessità del reale.
Fra chi sta con Putin senza se e senza ma, chi sta con l’Ucraina con molti se e molti ma, fra chi cerca di far finta di niente nella speranza che passi presto e chi pensa che la guerra sia semplicemente una finzione con attori ed effetti speciali, l’estrema destra italiana si trova faccia a faccia con i propri limiti ideologici.
Vediamo quindi le posizioni politiche di vari gruppi del neofascismo e dell’estrema destra italiana a fronte del conflitto russo-ucraino.
CasaPound Italia
Dopo le cocenti delusioni alle elezioni politiche e amministrative del 2018 e alle europee del 2019 i cosiddetti “fascisti del terzo millennio” – che nel frattempo, fra processi e stigmi politici, sono un po’ meno orgogliosi di definirsi così in pubblico – hanno tentato varie strade cavalcando il malcontento delle misure sanitarie e avvicinando Fratelli d’Italia e Lega, ma perdendo vari pezzi. Alcuni dirigenti storici sono usciti e, sebbene l’effetto non sia quello di una scissione, alcuni dei nomi coinvolti sono di primo e primissimo piano.
Fino allo scoppio della guerra le relazioni di CasaPound con Russia e Ucraina sono state intense, sul piano ideologico con la prima, sul piano cameratesco con la seconda.
In linea generale il legame ideologico della quasi totalità dell’estrema destra europea con il regime russo degli ultimi anni è stato molto forte. Del resto la narrazione statuale che fa Vladimir Putin è centrata su tradizione, nazionalismo e opposizione al “mondo moderno” – ovvero, in ultima istanza, alle democrazie liberali – che inevitabilmente risuona per affinità nelle corde del neofascismo. L’uso degli strumenti della democrazia come conferma e celebrazione della forza del capo di un popolo e non come libera determinazione della rappresentanza di cittadini e cittadine è oramai l’orizzonte strategico di tanta parte dell’estrema destra: il regime russo rappresenta un’incarnazione vincente e duratura di questa ambizione.
Nel giugno 2018, di fatto alla vigilia del secondo turno per le elezioni amministrative, nella sede nazionale di CasaPound si è tenuto un dibattito centrato su Vladimir Putin e la sua idea di Stato con la partecipazione di Alexandr Dugin, Giulietto Chiesa, Maurizio Murelli e alcuni dei massimi rappresentanti di CPI. Di Stefano, allora segretario nazionale, dà fin da subito la posizione del proprio partito dicendo che “non possiamo che fare il tifo per lui. Pensare di lui tutto il bene possibile. Sperare che abbia la possibilità di guidare la sua nazione ancora per molto tempo” e espone una visione politica e sociale in cui l’esaltazione delle “Russia Eterna” e delle aspirazioni imperiali sono l’occasione per auspicare lo stesso per l’Italia, arrivando a chiedere una sorta di “operazione militare speciale” del nostro Paese in Libia. Il che appare in netto contrasto con l’attuale posizione di “contro ogni imperialismo”.
Dall’altra parte i legami di CasaPound Italia con le organizzazioni dell’estrema destra ucraina sono solidi. In particolare ci riferiamo all’esperienza del Reggimento Azov e del suo braccio politico Corpo Nazionale, ma non solo.
Le relazioni con CasaPound sono evidenti in ciò per cui la tartaruga frecciata è considerata il maggior punto di riferimento nel neofascismo e nel neonazismo europeo: il Reggimento è infatti balzato agli onori della cronaca internazionale anche per l’abilità comunicativa, per la qualità della presenza sui social network, per la capacità di costruire una rappresentazione di sé efficace. Inoltre Corpo Nazionale ha aperto nel maggio 2016 Kozatskiy Dim, la “Casa dei Cosacchi”, centro culturale a due passi da piazza Maidan, dove si effettuano lezioni di arti marziali, proiezioni di film ed un laboratorio di tatuaggi. Nello stesso edificio è ospitato anche il negozio di gadget Militant Zone, che diffonde e supporta i gruppi musicali di area, in particolare i neonazisti locali Moloth (a volte scritto M8l8th, a rimarcare il numero 88, che sta per “Heil Hitler”). Kozatskiy Dim è di fatto ispirata alle esperienze sociali e metapolitiche di cui la nostrana CasaPound Italia è massima espressione.
Inoltre in Ucraina è attiva una branca di Zentropa, il collettivo artistico-culturale di estrema destra internazionale partecipato da dirigenti e militanti della tartaruga frecciata.
I contatti con ambienti militari e paramilitari ucraini sono stati coltivati nel tempo da CPI. Inoltre a Kiev CasaPound ha partecipato a entrambe (2017 e 2018) le edizioni di Paneuropa Conference, convegno di vari raggruppamenti di estrema destra organizzato da Reconquista, formazione fascista ucraina con ambizioni europee. Nell’estate 2016 Nazarii Kravchenko, fra i fondatori di Kozatskiy Dim e capo delle “Squadre civili Azov” – aggregate all’omonimo Reggimento – , ha visitato la sede milanese di CasaPound. Nello stesso periodo la bandiera di CasaPound è stata fotografata in un campo di addestramento militare diretto da Settore Destro.
La posizione ufficiale che CasaPound ha assunto sull’aggressione russa all’Ucraina – ovvero di vicinanza all’Ucraina – è inquadrata in un accerchiamento all’Europa che viene da Est, appunto, da Russia e Asia, da Sud dalla “aggressione migratoria” e da Ovest dalla “cancel culture”. In realtà basta avventurarsi nelle discussioni fra militanti e la questione si rappresenta subito per come descritto prima: per idea di mondo si sta con la Russia, per cameratismo si sta con l’Ucraina. La questione è riassunta così da una militante, che affianca la riflessione a una foto di un combattente ucraino che ha alle sue spalle una bandiera di CPI: “per me dal punto di vista POLITICO la ragione è della Russia. Zelensky ha torto marcio ed è stato criminale a mandare al massacro il suo popolo, credendo all’Occidente. MA a combattere per la propria terra, e solo di terra e sangue si tratta, non di intrighi di palazzo e corruzione del governo, ci stanno ragazzi che conosciamo. Che sono come noi. Che ci hanno supportato, coi quali abbiamo fatto serata, che sono venuti ad onorare i nostri morti. Come potremmo non sostenerli, se chiedono aiuto?”
Sul territorio si sono succeduti eventi in appoggio all’Ucraina, come la raccolta di materiale fatta dall’organizzazione solidaristica internazionale Sol.id. Onlus, ma soprattutto in appoggio al Reggimento Azov: dall’estetica inquietante del flashmob esplicitamente dedicatogli a maggio a Reggio Calabria alla bandiera osannata al concerto di giugno a Napoli.
Forza Nuova
Oramai ingabbiata in una spirale di decadenza di lungo periodo, prima in sordina, poi esplosa nel 2019 con la più grave scissione avvenuta nella sua storia e infine con gli arresti del 2021 a seguito dell’assalto alla sede nazionale della CGIL, la posizione di Forza Nuova sulla guerra russo-ucraina è netta: stanno con Putin. Del resto questo avviene in maniera coerente con quel mondo complottista e antisistema aggregatosi contro le recenti disposizioni sanitarie in cui il partito di Roberto Fiore si è immerso e che ha provato a guidare.
La scelta ha comunque alcuni aspetti potenzialmente dirompenti, perché oltre all’attuale estrema debolezza numerica e politica, questa scelta isola Forza Nuova da alcuni dei suoi alleati più solidi a livello internazionale, ovvero quei partiti dell’estrema destra polacca e dell’area orientale dell’Europa che hanno posizioni storicamente antirusse.
Per meglio inquadrare la scelta è però bene ricordare come alcuni anni fa Roberto Fiore millantasse forti contatti economici con la Crimea, facendosi addirittura promotore di “visite” per imprenditori italiani alle realtà produttive sulle rive del Mar Nero. Nel 2014, dopo l’annessione russa della Crimea, per cercare di irrobustire l’economia locale le autorità cercarono investimenti esteri. Fiore, attraverso l’italorussa Associazione Alexandrite, ha di fatto agevolato alcune attività italiane a delocalizzarsi in Crimea.
Movimento Nazionale – Rete dei Patrioti
La scissione di Forza Nuova del 2019 ha prodotto questo raggruppamento, in cui sono affluite intere branche territoriali e organizzative, che si è rapidamente aggregato attorno alle parole d’ordine dei movimenti più estremi di oltreoceano, in particolare dei sostenitori più radicali dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Ricollocatosi nelle alleanze in opposizione alla formazione di origine, adesso intrattiene relazioni stabili sia con CasaPound che con altri soggetti della stessa area come Casaggì.
La posizione è meno sguaiata rispetto a Forza Nuova, ma sostanzialmente analoga: la Russia è stata provocata dagli Stati Uniti e sta difendendo il proprio diritto ad esistere e resistere al mondialismo. Il tema della guerra in corso ritorna più volte nella comunicazione politica di questo raggruppamento, dando conto delle contraddizioni in seno al campo occidentale, sottolineando come le sanzioni alla Russia siano dannose per l’interesse nazionale e che l’accoglienza ai profughi ucraini sia “sudditanza psicologica in salsa politicamente corretta” ed una umiliazione nazionale. Danno inoltre voce alla propaganda russa, ad esempio sugli eccidi di Bucha, e riportano brani dai discorsi di Putin.
Sul piano delle azioni si segnalano alcune iniziative e incontri di solidarietà con il personale dell’ambasciata russa a Roma.
Per quanto riguarda i legami nel mondo neofascista e neonazista europeo la problematica è identica a quella della formazione madre: le relazioni ereditate da Forza Nuova con i neonazisti e gli ultranazionalisti polacchi sono a rischio. Difatti nel messaggio che Movimento Nazionale ha pubblicato per l’ottantottesimo (di nuovo, 88 è numero potentemente simbolico per i neonazisti) della nascita di ONR (Campo Nazionale Radicale), nell’aprile 2022, si parla di tutto ma non del conflitto russo-ucraino.
Casaggì, Progetto Nazionale e Lealtà-Azione
Curiosa, ma non sorprendente, la posizione di Casaggì, la comunità militante interna a Fratelli d’Italia: non se ne parla.
Avendo posto l’accento sulla tradizione di marca evoliana nella propria definizione politica è evidente come la scelta naturale sarebbe stata quella di trovare un modo, esplicito o implicito, almeno sul piano ideale, di posizionarsi in vicinanza del regime russo. Ma la scelta di campo del partito di cui sono parte organica li ha messi nell’imbarazzante situazione del non potersi schierare, una contraddizione che li obbliga ad autorelegarsi ai margini di un dibattito che scuote l’opinione pubblica continentale e che è al centro delle attenzioni mediatiche.
E dire che nel loro catalogo di libri trattano il conflitto in Donbass, ovviamente con postfazione di Alexandr Dugin, l’ultranazionalista e nazionalbolscevico promotore della Russia Eterna, già incontrato dalle parti di CasaPound.
L’unica volta che l’attuale guerra ha generato una reazione da parte di Casaggì è stato all’indomani dell’invasione del febbraio 2022, con un incontro via Twitch per ricostruire brevemente la storia del conflitto “senza assumere l’atteggiamento del tifoso”. Un doroteismo che fa sorridere se ascoltato nelle parole di chi il 25 Aprile celebra i caduti della Repubblica Sociale, addirittura suona la grancassa dell’irredentismo verso la Corsica e sfila per le strade con striscioni inneggianti al “sangue e suolo”, perno dell’ideologia nazionalsocialista. La fierezza dell’indipendenza dal “pensiero unico” e l’orgoglio dell’essere “politicamente scorretti” e “non conformi” si rivelano per quel che sono di fronte alla disciplina di partito e alla linea atlantista scelta dalla dirigenza di Fratelli d’Italia.
Progetto Nazionale, la formazione costruita dai fondatori del primo e più longevo gruppo naziskin italiano – il Veneto Fronte Skinhead – è entrato organicamente dentro Fratelli d’Italia. E della questione Ucraina quindi, come Casaggì, non parla.
Per Lealtà-Azione la situazione è parzialmente simile, avendo legami molto stretti con la Lega salviniana. Nessuna dichiarazione o presa di posizione, un silenzio interrotto soltanto da un convegno intitolato “NATO/UE/Russia – quale futuro per l’occidente”, fra gli invitati il primo nome è quello dell’onorevole veronese Vito Comencini, deputato appunto per la Lega, noto per le offese al Presidente della Repubblica e le posizioni vicine al Cremlino, che vede la Russia come baluardo della cristianità.
Dal covid alla guerra: negazione, stravolgimento, violenza
Come accennato prima, gran parte dello spaccato sociale che aveva reagito con narrazioni estreme alle misure restrittive dovute al Covid-19 si è rapidamente convertito a narrazioni estreme sulla guerra.
L’influenza, anche indiretta, delle comunità online aggregatisi attorno alle parole provenienti dagli ambienti ipercomplottisti dei QAnon incide più di quanto possa sembrare. La guerra è subito entrata, in maniera del tutto naturale e strutturale, nella visione onnicomprensiva del reale che questi gruppi hanno.
Al di là dell’interpretazione che ne viene fatta – la guerra è un’ulteriore strumento di oppressione del deep-state mondiale, la guerra non esiste ed è solo una distrazione mediatica dai piani ancor più diabolici del deep-state, la guerra è una sofisticata operazione di Trump e Putin contro il globalismo delle elite che vogliono distruggere i popoli – e che ha un valore meramente strumentale, il punto di continuità del passaggio fra narrazione sanitaria a narrazione militare è facilmente identificabile nelle finalità antisistema con metodi violenti ed eversivi: mezzi estremi giustificati e resi necessari da parole estreme. Ed è bene rammentare che il “sistema” a cui vanno contro non è altro che il sistema democratico-liberale, di norma chiamato in quegli ambienti “liberal-marxista”.
Se viste “in purezza” osservando gli ambienti di origine le affermazioni del complottismo sono più o meno arginabili dal buonsenso, quando queste arrivano al grande pubblico, magari “diluite”, attraverso le parole di leader politici la situazione può divenire pericolosa. Gli esempi nel recente passato non mancano, dal Piano Kalergi citato da Salvini nel 2018 alle bufale un tanto al chilo sulle cure per il covid sdoganate da Meloni, e sono coerenti con le posizioni di vicinanza che la destra, parlamentare e non, ha avuto negli anni con i presidenti Putin e Trump. Posizioni di vicinanza che continuano ad esserci, si veda le relazioni strette e sempre migliori fra Giorgia Meloni ed il partito repubblicano egemonizzato dall’ex-presidente Trump e i rapporti fra la Lega di Salvini e il sistema di potere centrato su Vladimir Putin. È necessario tenere a mente che le affermazioni più incredibili del complottismo riescono comunque ad innescare azioni concrete quando trovano sponde politiche credibili e, si ricordi l’assalto al Parlamento statunitense nel 2021, sono sempre eversive e violente.
Pubblicato venerdì 24 Giugno 2022
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