Le partigiane di ieri, le nuove resistenti di oggi e, una per tutte, Zehra Doğan: artista e giornalista curda che ha subito violenze e intimidazioni, ma guarda avanti, parte attiva e testimone per il mondo intero del nostro tempo. Il suo è un percorso di resistenza alla barbarie e alla brutalità del potere e giovanissima è simbolo internazionale delle battaglie delle donne.
E per questo è stata premiata a Genova con il Premio Ipazia, nell’ambito del 16° Festival dell’Eccellenza al Femminile: perché il premio, come si legge nella motivazione, va a quelle donne che per capacità, forza, coraggio, passione e resistenza sono diventate un simbolo internazionale nella battaglia per i diritti, la libertà e l’autodeterminazione delle donne, nonché nei processi di pace e democratizzazione dei Paesi e della società.
Non potevano che partecipare a questa premiazione. Come Ipazia, Zehra ha subito la violenza che vuole cancellare le donne dalla storia, ma l’artista oggi è un simbolo di coraggio e forza per tutte le donne e attraverso l’arte comunica con il mondo intero.
Per queste ragioni, venerdì 16 ottobre, sul palco c’erano anche Anpi Chiavari e Anpi Genova con il compito di premiare e commentare il premio. Introdotta dalle note di “Bella Ciao” cantata dalle voci del Coro Quattro Canti diretto da Gianni Martini, Maria Grazia Daniele, presidente di Anpi Chiavari, ha consegnato il premio a Zehra Doğan leggendo la motivazione della giuria del FEF e, segnalando che a Chiavari la Resistenza è nata l’8 settembre ’43 con la scelta del sottotenente Aldo Gastaldi – che diventerà poi il comandante Bisagno – alla guida comando del battaglione 15° Reggimento del Genio, di far uscire dalla caserma i suoi soldati portando via le armi per combattere i nazifascisti. Ma soprattutto è stato ricordato il contributo delle donne nella lotta di Liberazione, un ruolo determinante con la loro operosità e coraggio, con alcune storie in particolare. Un contributo mai raccontato fino in fondo.
Ma oggi chi sono le giovani partigiane italiane? Sono le ragazze che indossando le scarpe rosse, combattono la violenza sulle donne, sono le “ sardine “ che chiedono pace, solidarietà, difesa della terra, lavoro e giustizia. E ovviamente tutte le donne dell’Anpi, impegnate sulla memoria quanto sulla difesa dei diritti dell’oggi. “Le donne italiane, queste giovani partigiane ti sono sorelle cara Zehra, e per gli ideali che ci uniscono saranno sempre al tuo fianco”, ha concluso Maria Grazia Daniele.
Subito dopo Arianna Cesarone, vicepresidente di Anpi Genova e membro del coordinamento nazionale donne Anpi, ha ricordato come Zehra, con i suoi disegni, abbia avviato una forma di resistenza alla dittatura in atto nel suo Paese, con lavori artistici considerati pericolosi per la loro efficacia diretta e per la loro valenza anti-regime. Ha ricordato come questi dipinti ne abbiano causato la carcerazione e che, a causa del gran clamore suscitato dalla sua prigionia, il movimento delle donne curde e la loro forma di resistenza al regime, prima conosciuto solo da pochi, sia balzato così agli occhi di un pubblico più vasto. Dal carcere poi Zehra ha continuato a dipingere, con coraggio, senza mezzi, usando il suo corpo, i suoi capelli, il suo sangue mestruale, per far capire che anche se il tentativo era di annullarla come donna, lei utilizzava tutto il suo corpo correndo il rischio di ritorsioni, di punizioni, di sevizie… perché fare arte è per lei una necessità, una forma concreta di sopravvivenza e di reazione.
La vicepresidente Anpi di Genova ha proseguito illustrando la scelta di Zehra. La scelta di coniugare l’impegno politico con il valore testimoniale dell’arte. Le scelte implicano spesso coraggio, soprattutto per le donne. Questo coraggio è stato paragonato a quello che aveva mosso le donne della Resistenza italiana, il cui contributo è stato determinante. Il motivo, scritto in uno dei volantini dei Gruppi di Difesa della Donna era questo: “ Le donne rivendicano il diritto di disporre della loro sorte”: è il concetto, valido ancora oggi, di prendere in mano il proprio destino, di essere autonome nelle decisioni, di autodeterminarsi. Di scegliere in modo consapevole da che parte stare. Donne resistenti e combattive anche oggi, in tante parti della terra, contro l’integralismo religioso che le vuole sempre sottomesse, contro la guerra, contro le mafie e contro ogni tipo di violenza. Donne come Zehra che ha scelto l’arte perché è una forma di cultura di pace, una contro-guerra che si può esercitare con armi volutamente ed esclusivamente pacifiche, una cultura che unisce i popoli anche senza che parlino la stessa lingua. Perché il linguaggio dell’arte è universale, non ha frontiere. Donne come Zehra e le donne della resistenza curda che desiderano una società nuova, basata sui diritti, sulla giustizia, sulla parità di genere, contro la violenza e le disuguaglianze imposte dal regime. Proprio come le partigiane della Resistenza italiana…
Arianna ha concluso dicendo che queste donne avranno sempre l’appoggio dell’Anpi condividendo i valori che stanno alla base di chi ha scelto in passato e ancora sceglie di dedicare la propria vita per la speranza di un futuro di giustizia sociale, di pace, di tutele e diritti per tutti, perché i diritti o sono di tutti o non sono diritti.
d.al.
Pubblicato giovedì 22 Ottobre 2020
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