Il gioco del calcio ha rivestito e riveste tuttora un ruolo sociale che si interseca profondamente con la storia contemporanea del nostro Paese. Infatti, durante il regime fascista, lo sport ha contribuito in maniera considerevole ad aumentare il prestigio del potere mussoliniano attraverso una mirata politica propagandistica e un ferreo controllo delle associazioni sportive (Figc, Coni e le altre federazioni) e degli organi di stampa (il Corriere dello Sport e La Gazzetta dello sport).

Mussolini “primo sportivo” d’Italia

Inizialmente la dittatura concentrava la sua politica sportiva su alcune discipline che si identificavano con l’addestramento militare, quali la boxe, la scherma e il tiro a segno, considerate “nobili” nella retorica del regime, che puntava a far diventare l’Italia una nazione sportiva. La figura del duce era presentata come quella del primo e vero sportivo italiano e vedeva negli sport nobili il giusto mezzo per una sana formazione della virilità tipica dell’uomo fascista.

1930, la Nazionale italiana fa il saluto romano

Ma era il gioco del calcio l’elemento di aggregazione e unificazione delle masse popolari, senza tralasciare che gli stadi hanno rappresentato la vetrina migliore del regime, che si esprimeva anche attraverso gesti e rituali collettivi dal valore altamente simbolico come l’obbligo del saluto romano prima di ogni inizio gara.

(minutosettantotto.it)

Parallelamente, il mondo del calcio professionistico ha dato un forte apporto alla lotta antifascista e resistenziale, anche se si tratta di un fenomeno spesso adombrato da altre forme di opposizione alla dittatura. Edoardo Molinelli, ricercatore e giornalista sportivo, con il volume Cuori partigiani (edizioni Red Star Press, 2019), ha il merito, attraverso una rigorosa ricerca archivistica e una accurata selezione, di aver messo in luce le storie di tanti calciatori professionisti, accomunati dagli ideali sportivi e dall’antifascismo, che hanno fatto parte di società prestigiose come il Torino, la Juventus, la Fiorentina, la Roma, o di club di provincia, tra cui Lucchese, Viareggio, Livorno e Savoia. Il testo si articola in tre sezioni, come i momenti di un evento calcistico: primo tempo, secondo tempo ed eventuali tempi supplementari.

(Istituto Parri)

Il primo tempo è riservato ai calciatori-partigiani che militarono nella Resistenza (Dino Ballacci, Mario Bettega, Severino Feruglio, Giacomo Losi), sia attraverso le storie di calcio e di lotta nelle province di Modena, Parma e Reggio della rossa Emilia, che nelle cronache di alcuni processi verso calciatori partigiani nell’immediato dopoguerra. Scrive Molinelli “L’avvio delle istruttorie contro i partigiani fu massiccio e generalizzato e si verificò, nell’assoluta maggioranza dei casi, nel 1948-’49, tre o quattro anni dopo la fine della guerra e il verificarsi dei reati contestati”.

Ferdinando Valletti

Il secondo tempo è rappresentato da oppositori politici e deportati: l’autore riporta fedelmente lo stato d’animo del brillante calciatore di serie C Ferdinando Valletti durante la partita disputata nel lager di Gusen (composto da 3 dei 49 sottocampi di Mauthausen): “Mentre i miei amici morivano io stavo giocando a pallone. Mi feci forza e pensai che mi battevo contro i nazisti e non per i nazisti; se ce l’avessi fatta a correre e magari anche a fare qualche buon passaggio, probabilmente li avrei sconfitti perché avrei salvato la mia vita, sarei tornato a casa, avrei rivisto mia moglie e conosciuto il mio bambino”.

La pietra d’inciampo alla memoria del calciatore Mario Bettega (www.anpi-lissone.over-blog.com)

Nei tempi supplementari Molinelli ricorda la partita di calcio giocata a Sarnano, nelle Marche, nella prima decade dell’aprile 1944, che vide contrapporsi una squadra composta da militari nazisti e una di partigiani, un incredibile incontro calcistico che ha dell’incredibile, di cui purtroppo non si hanno fonti documentali, ma semplici testimonianze.

Bruno Neri, che compare anche sulla copertina di “Cuori partigiani”

Tanti sono i campioni sportivi antifascisti che Cuori partigiani riesce a far emergere dal dimenticatoio della storia nel quale erano stati ingiustamente confinati. Tra gli altri, Bruno Neri che, dopo l’8 settembre, scelse la via della lotta politica partecipando alla guerra di Liberazione; Michele Moretti, appartenente al gruppo partigiano che il 28 aprile 1945 giustiziò Benito Mussolini, un uomo che, come Molinelli sottolinea, non era interessato a mascherare le proprie convinzioni, come dimostra il rifiuto di fare il saluto romano prima del calcio d’inizio, mentre tutti i suoi compagni tendevano il braccio destro.

Libero Marchini, terzo da sinistra, finge un prurito alla gamba prima del fischio d’inizio della finale dei mondiali del 1936

E ancora: Raffaele “Raf” Vallone, notissimo attore cinematografico che ha svolto l’attività di giornalista dalle pagine culturali del quotidiano comunista l’Unità dopo aver abbandonato, nel 1941, la carriera calcistica; Libero Marchini, calciatore della Lucchese, che nelle Olimpiadi del 1936, a Berlino, al termine della finale contro l’Austria, invece di fare il saluto fascista, finse un prurito alla coscia sinistra e abbassò la mano. Gesti plateali, che, osservati da un numeroso pubblico, hanno probabilmente contribuito ad accrescere la coscienza antifascista tra i tifosi.

Raffaele “Raf” Vallone (wikipedia)

Queste sono solo alcune pillole delle diciassette storie che l’autore presenta in questo libro. Molte delle vite dei calciatori protagonisti degli episodi raccontati hanno avuto tristi epiloghi nei campi di concentramento nazisti o durante i combattimenti contro le forze militari fasciste.

(Unsplash)

Quest’opera, viva e originale nella ricerca storica, si avvale di un ampio e articolato apparato bibliografico e un vasto e importante corredo fotografico, capace di destare interesse e far riflettere sulla nostra storia nazionale antifascista. Edoardo Molinelli ha pubblicato un testo di gradevole lettura che sarà sicuramente apprezzato da tutti coloro che hanno interesse a conoscere le vicende della storia calcistica italiana da una prospettiva del tutto inedita.

Maurizio Orrù, giornalista, componente esecutivo nazionale Anppia